Rose e cenere

Così, quasi ogni sera, con la pioggia o il bel tempo, la nebbia o l’aria fina, Amos scarpinettava a passi lenti davanti al club fermandosi ogni tanto a guardar dentro. Quando alla fine localizzava Daniel Haws impalato là dentro e trasformato completamente dal farfallino, il cuore prendeva a battergli così rapidamente che doveva reggersi al pilastrino d’un cancelletto, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. Sapeva che entro un cinque ore un sonnambulo con la faccia e il corpo di Daniel, ma con un’anima diversa, sarebbe andato a trovarlo nella sua celletta, gli avrebbe lisciati i capelli, avrebbe farfugliato parole di cieco affetto e, terminata la visita, se ne sarebbe tornato a cauti strascichii nella sua stanza, a completare il suo sonno. In quel momento invece, l’uno di fronte all’altro, separati dal buio, nella frizzante aria novembrina, solo Amos vedeva e capiva; Daniel guardava fuori nel buio e vedeva soltanto un lampione, così come, più tardi, nel suo sonnambulare avrebbe guardato senza vedere colui che amava.

James Purdy

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