Odoravano i fiori

Ci fu poi per Maria l’odore dell’erica schiacciata e la ruvidezza degli steli piegati sotto la sua testa e il sole brillò sugli occhi chiusi. Per tutta la vita egli non potrà dimenticare la curva di quel collo, e la testa rovesciata tra le radici dell’erica, e le labbra che si muovono appena, e le ciglia palpitanti sugli occhi chiusi per scacciare il sole, ed ogni cosa; per Maria tutto era rosso e arancione e d’oro per il sole sugli occhi chiusi, e tutto aveva quel colore; tutto, il riempirsi il possedere, il dare, tutto aveva quel colore stesso, in una cecità che era di quel colore. Per lui era una via oscura che non portava in nessun posto, e ancora in nessun posto, di nuovo in nessun posto, di nuovo ancora in nessun posto e sempre eternamente in nessun posto, coi gomiti duramente affondati nella terra, nel buio, senza fine verso nessun posto, sempre e continuamente sospeso verso l’ignoto nessun posto, ma per rinascere di nuovo e sempre in nessun posto, insopportabilmente ora, su, su, su e in nessun posto, e poi bruscamente roventemente, tutto il “Nessun posto” svanito e il tempo assolutamente fermo, e loro due lì, il tempo essendosi fermato: ed egli sentì la terra mancare sotto di sé e sprofondarsi.
Poi fu steso sul fianco, la testa affondata nell’erica; odoravano i fiori, le radici, la terra, e il sole brillava su tutto e qualcosa gli grattava le spalle nude e i fianchi, e la ragazza gli giaceva davanti con gli occhi sempre chiusi e a un tratto li aprì e gli sorrise ed egli disse con enorme stanchezza e in tono molto distante ma cordiale: “Ciao, coniglietto”. E lei sorrise e disse in tono nient’affatto distante: “Ciao, mio Inglés”.

Hemingway - Per chi suona la campana

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