Effi Briest

Sulla via del ritorno alla casa dell’ispettore forestale cominciò a nevicare. Crampas si affiancò a Effi e le espresse il suo dispiacere per non avere ancora avuto l’occasione di salutarla. Contemporaneamente indicò i grandi, pesanti fiocchi e disse: “Se continua così, finiamo sepolti dalla neve”.
“Non sarebbe poi così grave. All’idea di essere sepolta dalla neve associo da molto tempo una gradevole sensazione di protezione e sostegno.”
“È la prima volta che lo sento dire, signora.”
“Sì,” proseguì Effi, cercando di ridere, “le sensazioni sono una faccenda tutta particolare, nascono in noi non solo dalle esperienze personali, ma anche da cose che magari abbiamo sentito dire o che per caso sappiamo. Lei ha letto molto, maggiore, ma mi pare che in una poesia - non di Heine tuttavia, senza ‘Spettro marino’ e senza ‘Vizlipuzli’ - io la batto. Si intitola Il muro di Dio e molti, molti anni fa, quando ero ancora piccola piccola, il pastore di Hohen-Cremmen me la fece imparare a memoria.”
“Il muro di Dio, ripeté Crampas. “Un bel titolo; di cosa parla?”
“È una storia breve, brevissima. Da qualche parte c’era una guerra, una campagna d’inverno, e una vecchia vedova, che aveva molta paura del nemico, pregò Dio di ‘costruirle intorno un muro’ che la proteggesse dall’invasore. E allora Dio fece sì che la casa fosse sepolta dalla neve, e il nemico passò oltre.”
Crampas apparve sensibilmente scosso e cambiò discorso.
Al calar della sera tutti erano tornati nella casa dell’ispettore forestale.

— Theodor Fontane

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