Il salvagente

Quando una voce irrompe nel tuo cranio senza passare per le orecchie, quando tu solo puoi sentirla, non hai altra libertà che di obbedire. Pure se ti comanda lo sbaraglio, devi seguirla perché essa è lo scampo, e ogni altra salvezza una menzogna. Iod (sinonimo di Dio ndc) non aveva scelta, un solo uomo cui appoggiarsi e Nòah non poteva disertare. Era duro da credere. La voce comandava la fabbrica di un'imbarcazione colossale: a lui solo. Gli credevo perché l'amavo. I figli obbedivano in silenzio per rispetto. Lavoravano i campi, governavano loro le bestie, perché lui, il nostro Nòah, s'era messo a tagliare un bosco. Sorgeva un cantiere navale in mezzo ai monti: bisognava ardere di fede come una fornace per credere alla voce. La generazione sghignazzava di noi, ma io vedevo Nòah colmo di energia. Non era un ragazzo eppure lavorava da prima a ultima luce ed era più forte. Solo il sabato si fermava e il venerdì sera mi abbracciava.
Costruiva un edificio a tre piani, lungo oltre cento metri. Senza poppa né prua, e nemmeno timone, doveva servire solo a galleggiare. Lo incatramò di dentro e poi di fuori tutto eseguì da solo. Era monumentale. Sei un artista, gli dicevo per ammirazione. Lui diceva di no, ch'era operaio e obbediva all'ordine del giorno. L'opera suscitava forze che aumentavano a smentita degli anni. "Ho avuto molti doni, Donna, e questa fabbrica, metà nave e metà cesto, è la mia restituzione"...
Avevamo sette giorni per imbarcare la vita mentre il cielo s'abbuiava di nuvole. Per una settimana lui e i figli fecero posto agli animali nelle celle di quell'alveare di legno. Chiamati da una spinta senza voce venivano a coppie gli animali, da insetti a elefanti. Una processione convergeva su noi, spettacolo di varietà infinite di vita brulicante, mai prima conosciuta. Di notte e giorno, in ordine di due, varcavano la soglia: ecco era spaventoso il silenzio. Erano tutti corpi di esemplari adulti, nessun cucciolo, niente gioco, chiasso. La vita sarebbe stata di nuovo bambina dopo il diluvio e il mare che stavamo per attraversare.
Vennero a coppie secondo un numero prescritto che sapevano già. Ho saputo allora che gli animali sono in ascolto del creatore. I nostri figli avevano convinto tre ragazze a mettersi in salvo insieme a noi. Così nell'ultimo giorno c'imbarcammo in otto, tre coppie di giovani e noi due. Nòah chiuse la porta e la catramò dall'interno, mentre da fuori una mano rifiniva l'opera di protezione. Iod si sporcava le mani con la salvezza.
In quel punto si ruppero le acque accumulate in cielo e traboccarono dal suolo i fiumi degli abissi. Il giorno divenne scuro come sera e l'immenso barcone fu circondato da tenebre di acque. Uno scricchiolio di travature ci avvisò che stavamo galleggiando.

Erri De Luca, Vita di Noè/Nòah. Il salvagente - Milano 2009, Feltrinelli, pp. 58-60

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