Fischio

Gli chiedo: «E se Mosca, sua moglie, fosse ancora viva, che cosa direbbe in un giorno come questo?». «Sarebbe contenta, ma poi aggiungerebbe che hanno un po’ esagerato». Gli vengono in mente dei versi che ha dedicato a Mosca: «Avevamo studiato per l’aldilà – un fischio, un segno di riconoscimento. – Mi provo a modularlo nella speranza – che tutti siamo già morti senza saperlo». Fa sentire com’era quel fischio, lo «modula». Sembra un pigolio che esca da una gabbia, o da un nido. «Non era un’invenzione poetica. L’avevamo studiato davvero, ma c’era un grosso errore, l’ho capito dopo. Se si è morti, si è senza corpo. Il fischio esige un corpo. È tutta una faccenda che non sta in piedi».

— Giulio Nascimbeni “Il «grazie» di Montale al premio Nobel”; Corriere della Sera, 24 ottobre 1975.

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