La lingua del Terzo Reich

Non posso fare a meno di ripensare alla traversata che venticinque anni fa facemmo da Bornholm a Copenaghen. Durante la notte avevano infuriato tempesta e mal di mare; ora, giunti in prossimità della costa, calmatosi il mare, stavamo seduti in coperta sotto il bel sole del mattino, pregustando la imminente colazione. Ed ecco che, all'estremità della lunga panchina dove sedevamo, una ragazzina si alzò, corse al parapetto e iniziò a vomitare. Un attimo dopo si alzò la mamma, che era seduta accanto, e fece altrettanto. Le imitò subito dopo un signore, poi un ragazzo e poi… il movimento si propagò con regolarità e rapidità per la panchina, senza escludere nessuno. Noi, seduti all'altro capo, eravamo ancora lontani, stavamo a guardare con interesse, qualcuno rideva o faceva sorrisini ironici. Poi toccò ai più vicini e allora le risa cessarono e anche fra noi ci fu la corsa al parapetto. Io osservavo attentamente lo spettacolo e le mie reazioni. Mi dicevo che in fondo esiste un modo oggettivo di osservare, di cui ero esperto, che esiste anche una volontà ferma e continuai a pregustare la colazione – e intanto era venuto il mio turno e dovetti correre al parapetto come tutti gli altri.

— Victor Klemperer, LTI – La lingua del Terzo Reich

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