Ma dov’è l’anima?

C’è in un grande negozio di giocattoli un’allegria straordinaria che lo fa preferibile a un bell’appartamento borghese. Non ci si ritrova, in miniatura, tutta la vita, e molto più colorata, ripulita e lucente che la vita reale? […]
Tutti i fanciulli parlano ai loro giocattoli; i giocattoli diventano attori nel grande dramma della vita, ridotto dalla camera oscura del loro piccolo cervello.
I fanciulli coi loro giochi testimoniano la propria grande facoltà di astrazione e l’alta loro potenza immaginativa. Giocano senza giocattoli. Non voglio parlare di quelle bambine che giocano alle signore, si fanno visite, si presentano i loro figli immaginari e parlano dei propri abiti. Le povere piccine imitano le loro mamme: preludono già alla loro immortale puerizia futura, e nessuna di loro, certo, finirà mia moglie. […]
La maggior parte dei marmocchi vogliono soprattutto vedere l’anima, gli uni dopo qualche tempo d’esercizio, gli altri subito […] Io non mi sento il coraggio di biasimare questa mania infantile: è una prima tendenza metafisica. Quando questo desiderio s’è piantato nel midollo cerebrale del fanciullo, gli riempie dita e unghie d’una agilità e forza singolari. Il fanciullo gira, rigira il suo giocattolo, lo gratta, lo scuote, lo sbatte contro i muri, lo getta a terra. Di tanto in tanto gli fa ricominciare i suoi movimenti meccanici, talora in senso inverso. La vita meravigliosa si ferma. Il fanciullo […] compie uno sforzo supremo; infine l’apre, è il più forte. Ma dov’è l’anima? Qui comincia lo stordimento e la tristezza.

— Charles Baudelaire, “Morale del giocattolo” (dall’Almanacco Letterario Bompiani 1966 – Arte e gioco)

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