Nazione civile

(…) Rimango più critico sull’opportunità di aver voluto festeggiare, invece: l’impianto della legge resta discriminatorio. Provo a spiegarlo con un esempio: se per farti prendere lo stesso caffè degli etero ti facessero passare dal retro di un bar e ti dicessero che i tuoi figli non possono entrare, tu consumeresti in quel posto? E diresti “grazie” una volta servito? Saresti felice, in altre parole? Questo è quanto sta accadendo ai nostri diritti e, soprattutto, a quelli dei nostri figli. Occorrerà, credo, interrogarsi sul perché non riusciamo ad essere una comunità compatta. La lotta per l’uguaglianza, ad ogni modo, non deve fermarsi ma proseguire su questo e altri fronti (primo tra tutti quello delle adozioni). Essa dovrà ripartire da una legge che per “concedere” diritti di base ci discrimina relegandoci al rango di “non famiglie”. Occorre ricominciare da qui, per chi vorrà investire ancora le sue energie. Poi un giorno, a matrimonio ottenuto, potremo definirci un paese civile come tutti gli altri. E gioire davvero, come cittadini e cittadine a piena dignità, giuridica e culturale.

Dario Accolla

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