Cosa sei?

La prima cosa che spuntò fu una lunga coda sottile. Poi due zampette che si agitarono in modo buffo e scomposto nell’aria. La coperta cadde per terra e l’animale fu ben visibile.
Come reagii all’apparizione? Con stupore, curiosità e anche un po’ di disgusto. Non era bello, e non assomigliava a niente che avessi mai visto. Il corpo poteva essere quello di un piccolo cane, con zampe tozze, piedi palmati e artigliati. Il pelo era corto e ruvido, di un colore indefinibile, un bianco screziato d’asfodelo, e sulla schiena aveva una cresta di aculei irti. Ma era il muso a essere inquietante e affascinante. Gli occhi gialli ed enormi sembravano quelli di un lemure, e la pupilla era dilatata. Il muso era quasi senza naso, la bocca, larghissima e sottile, aveva labbra cornee. Un po’ indietro rispetto alla fronte, vibravano due orecchie membranose, da piccolo drago. La coda si muoveva inquieta.
Diciamo che era un cane con faccia da pesce e coda da rettile. Ma soprattutto dava l’impressione di una creatura che si fosse fermata nella storia dell’evoluzione, un anello di congiunzione di milioni di anni prima, un anfibio che usciva dall’acqua e iniziava a camminare sulla terra, qualcosa che ancora cercava il suo posto nell’ordine del mondo ed era arrivato a noi incompleto, non sviluppato, eppure vitale e selvaggio.

— Cosa sei? in Cari mostri (Stefano Benni)

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