I pazzi

I pazzi mi attirano: essi vivono in un paese misterioso di sogni bizzarri, in quella nube impenetrabile della demenza ove tutto quello che hanno visto sulla terra, tutto quello che hanno amato, tutto quello che hanno fatto ricomincia per loro in una esistenza immaginata di la da tutte le leggi che governano le cose e regolano il pensiero umano.
Per loro l’impossibile non esiste più, l’inverosimile scompare, il fantastico diventa costante, il soprannaturale familiare. Questa vecchia barriera, la logica; questa vecchia muraglia, la ragione; questa vecchia scala delle idee, il buon senso, si sbriciolano, si abbattono, si sfasciano davanti alla loro immaginazione lasciata libera, fuggita nel paese illuminato della fantasia, e che corre con balzi favolosi e non più fermata da nulla. Per loro tutto capita e tutto può capitare. Non fanno sforzi per vincere gli avvenimenti, per piegare le resistenze, per rovesciare gli ostacoli. Basta un capriccio della loro volontà illusionante perché siano principi, imperatori o dei, perché posseggano tutte le ricchezze del mondo, tutte le cose più gustose della vita, perché godano tutti i piaceri, perché siano sempre forti, sempre belli, sempre giovani, sempre amati! Essi soli possono essere felici sulla terra, perché per loro la Realtà non esiste più. Amo chinarmi sul loro spirito vagabondo, come ci si china su un abisso nel ci fondo spumeggia un torrente sconosciuto, che non si sa onde venga né dove vada.
Ma a nulla serve chinarsi su quei crepacci, perché mai si potrà sapere donde viene quell’acqua simile a quella che scorre in pieno giorno, e vederla non ci apprenderebbe gran che.

— Guy de Maupassant, La signora Hermet, dai Racconti neri, in “Racconti bianchi, racconti neri, racconti della pazzia”

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