Jaime Labastida
Albeggia
Parlo in larghi giri
perché plurale, universale mi sento.
E poi condivido la mia gioia,
forse senz’anima,
di certo senza corpo,
ma con me dentro.
È la crisi totale del mio sistema.
Smantello porte,
mi scardino,
implodo
come una casa del Vicereame,
e ti nomino
e ti nomino,
e sei quello che voglio lacerare,
addentare, il giorno ha parlato,
l’arancia vicina del tuo ventre.
Sorgo. Sorgiamo.
Siamo già una folla
aperta alle domande.
(da La feroz alegría, 1965)
Parlo in larghi giri
perché plurale, universale mi sento.
E poi condivido la mia gioia,
forse senz’anima,
di certo senza corpo,
ma con me dentro.
È la crisi totale del mio sistema.
Smantello porte,
mi scardino,
implodo
come una casa del Vicereame,
e ti nomino
e ti nomino,
e sei quello che voglio lacerare,
addentare, il giorno ha parlato,
l’arancia vicina del tuo ventre.
Sorgo. Sorgiamo.
Siamo già una folla
aperta alle domande.
(da La feroz alegría, 1965)
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