Luisa

Invento storie. Da sempre, per abbellire la mia vita e quella di chi mi sta attorno, ed un certo punto ho deciso di cominciare a scrivere. Vomito su carta quello che mi passa per la testa, abbellisco fatti noiosi, ingigantisco sentimenti umani e vivo di questo. Sono uno scrittore piuttosto affermato, la gente paga per leggere quello che ho nella testa, è così che sono riuscito a pagarmi affitti di case troppo grandi e vestiti eccentrici che non metto mai. È così continuo ad inventare senza la paura che qualcuno scopra che la realtà è meno divertente. La routine. Io la odio, non sono mai riuscito a viverci dentro ed allora vivo sul filo delle mie invenzioni, a volte sono più reali loro di quello che mi passa per la bocca, per le orecchie, per il cuore.

Ma questa che sto per raccontarvi non è una storia inventata. Questa è la mia storia d’amore. È una storia così incredibile che sembra una delle mie solite creazioni ed invece è vera. Ed è mia e del mio grande amore: Luisa.

Luisa…

Qualche tempo fa…

Ero a zonzo per la città con due buoni amici dell’università, che facevo più per accontentare i miei genitori che per reale interesse, ci sedemmo su una panchina a bere birra e a parlare di politica, del futuro e a ridere di tutto e di tutti, la primavera si era decisa ad arrivare ed il sole riscaldava i visi pallidi e le mani screpolate. C’era un bar davanti alla panchina,i tavolini tondi fuori e seduta ad uno di questi una ragazza sola che leggeva un libro e beveva del the freddo da un grosso bicchiere di vetro, la fettina di limone incastrata nei ghiaccioli e le sue labbra rosa che si appoggiavano delicate sul bordo senza staccare gli occhi dal libro.

Era bellissima, godeva di tutto quello che aveva attorno ed i gesti misurati e delicati erano una danza per i miei occhi curiosi ed affascinati, il sole brillava sui suoi capelli scuri e lisci poi scendeva sulle ciglia folte e da lì sul collo lungo e scoperto, un area di beatitudine invadeva la sua persona ed arrivava a me, travolgendomi. Risucchiato dalla perfezione di quello spettacolo avevo scordato i miei amici, le discussioni con mio padre, lo sguardo triste di mia madre e quel vuoto dentro di me, di chi non ama quello che fa ma che non sa cosa fare di stesso.

La realtà mi piombò addosso impietosa tra le prese di giro dei miei amici e l’imminente lezione di diritto romano all’università. E così era tutto finito, mi preparavo ad ascoltare la voce noiosa del professore quando giratomi verso la ragazza per un ultimo attimo di pace mi accorgo che lei sta venendo verso di me, lo sguardo deciso il passo calmo.

Da quel momento la mia vita è cambiata, ho preso coraggio ed ho scelto di seguire la strada della scrittura, mi sono abbandonato alla mia fantasia perdendomi tra reali illusioni e finte realtà. Con me c’era Luisa ed io avevo cominciato a respirare a pieni polmoni. Quel raggio potente di sole che l’aveva illuminata quel pomeriggio non ci ha più abbandonati, la nostra storia è iniziata con una semplicità disarmante ed è cresciuta rigogliosa e prorompente come una pianta ben curata.

Quando stavo con lei mi immergevo nella sua visione delle cose, cominciai a godere delle piccole sorprese della vita, il sapore buono e fresco del the, il silenzio dolce del mare d’inverno e lo spettacolo dei raggi del sole sul corpo nudo di Luisa.

Mi aveva assorbita nella sua essenza leggera, nel suo cuore amorevole e paziente, era il mio porto. L’attracco dopo anni di tempeste, il respiro regolare a cui mi ero unito salvandomi da me stesso.

Luisa era sole, era acqua, era terra, era aria.

Luisa…

Siamo passati dall’esser fidanzati a sposati nel giro di poco, giusto il tempo di organizzarci con il lavoro e la casa. È stato tutto così semplice. Organizzavamo cene con gli amici nella nostra piccola casa in campagna, i fine settimana ci divertivamo a scoprire fiere, feste di paese e ci univamo alle persone locali facendo amicizia e apprezzando tradizioni e cibi nuovi. Era tutto così bello. Vivevamo di noi senza estraniarci dal resto del mondo, cercavamo di passare ogni momento insieme e ci raccontavamo tutto mentre si cucinava o si stendevano i panni. I nostri amici sapevano che in noi trovavano un buon orecchio per ascoltare, il cuore aperto per capire e consolare e pasti generosi e profumati per allietare i dolori e consolare il cuore.

Era tutto così perfetto che a volte mi svegliavo la notte per guardare Luisa, per toccare il suo corpo accogliente ed annusare il suo odore lieve ed assicurarmi di non star sognando. Piccoli incubi vivevano nel mio inconscio pauroso e incredulo, ma la mattina tutto si dissolveva quando gli occhi di Luisa si aprivano e mi guardavano sereni e innamorati.

Anche l’uomo più coraggioso ed intrepido davanti alle incrinature nasconde la testa sotto la sabbia e fa finta di niente, credo sia una reazione di difesa, girarsi dall’altra parte e sperare che tutto si dissolva. Così come se niente fosse.

La paura di metter in discussione le nostre scelte, le nostre parole, i nostri gesti ci paralizza. Abbiamo costruito qualcosa che credevamo saldo ed indistruttibile ed invece lo vediamo sgretolarsi lentamente senza saper che fare. Muti, fermi, sordi così ci troviamo da un momento all’altro e così rimaniamo. Da una parte l’incertezza su cosa fare e dall’altra la speranza che tutto si aggiusti da sé ci fa credere che aspettare sia la cosa migliore.

E invece no. Inesorabilmente le incrinature, all’inizio quasi impercettibili, diventano delle voragini sempre più profonde e buie, e noi pur vedendole continuiamo a sperare che succeda un miracolo. Ma il miracolo siamo noi, troppe volte lo dimentichiamo, siamo noi con i nostri amori folli e disordinati, siamo noi con i nostri bisogni profondi ed ancestrali, siamo noi con le nostre consapevolezze e scelte.

Ma ce lo dimentichiamo ed il castello che pensavamo costruito con mattoni e ferro ci si sgretola davanti come una capanna fatta di rami secchi ed illusioni.

Luisa, il mio amore. La mia mezza mela. Il mio respiro. La mia anima.

Luisa…

Poco tempo fa…..

Era una domenica mattina, la primavera si era decisa ad arrivare ed il sole caldo e luminoso illuminava la nostra colazione e gli occhi dolci di mia moglie.

Da qualche tempo i silenzi incombevano sui nostri pasti, ci eravamo dati dei turni per i lavori di casa ed evitavamo di stare troppo tempo da soli, ogni sera c’era qualcuno per un aperitivo e accettavamo tutti gli inviti che ci facevano. Si andava a cene di conoscenti, a inaugurazioni di mostre assurde ed avevamo deciso che due sere a settimana si usciva separatamente con i nostri amici. Facevamo vite separate e non facevamo più l’amore. Luisa era sempre più bella ed io desideravo toccarla, abbracciarla, tornare dentro di lei.

Mi risentivo in balia delle onde, sperduto in mezzo al mare agitato con il porto buio e lontano.

Cominciai ad andare in palestra, a seguire una dieta, smisi di bere alcool e di mangiare dolci, credevo che se avessi riportato il mio corpo alla bellezza della gioventù avrei riconquistato il suo amore. Che pensieri futili. Che soluzioni acerbe. Non era il mio corpo che non amava più. Era il mio cuore. Ma il cuore non si può portare in palestra. Il nostro cuore è il reale testimone di quello che abbiamo vissuto e più invecchiamo più abbiamo bisogno di essere amati, con i nostri acciacchi, le nostre rughe e le nostre tristezze. Non potevo ringiovanire la mia essenza, potevo farlo con il mio corpo ma non con la mia vita. E questo sembrava il nostro ostacolo più grande. Il mio cuore disilluso e lento. E lei invece sempre la stessa. Viva e vitale come quando l’ho conosciuta a vent’anni. I dolori, le delusioni, le tristezze lei le sopraffaceva con la gioia, gli occhi sempre illuminati dalla speranza, il cuore aperto alla felicità e all’imprevisto.

Più mi sentivo e mi vedevo vecchio più Luisa sembrava giovane, desiderosa di lanciarsi nelle novità e forte nella sua incredibile speranza. A volte provavo rabbia per questo suo essere fuori dal tempo, un eterna giovane donna, ecco cos’era. Ma il più delle volte ero deluso da me stesso che avevo permesso al tempo di distruggere le mie passioni e di far appassire le mie forze.

Vecchio, stanco e triste. Così mi vedevo e così mi presentavo ogni mattina al sole e a Luisa.

Quella domenica mattina era il copione perfetto delle ultime domeniche della nostra vita, silenziosa, vuota, anonima.

Gli occhi di Luisa si riempirono di lacrime che scivolavano lente sulle gote rosa, un pianto senza voce, chissà quante volte aveva pianto ed io chiuso nelle mie paure non l’ho mai abbracciata o consolata con una finta verità. Niente. Ormai non ero più capace di fare niente. Non ero più capace nemmeno di inventare scuse per i miei limiti. Non ero capace di vivere senza Luisa, mi ero completamene dato a lei. Era stata la mia salvezza e mi ci ero ancorato stretto. Ed io, a Luisa, cosa avevo dato in tutti quest’anni? Cosa…..

Il sole entrò potente dalla finestra aperte ed asciugò le lacrime di Luisa, lei alzo il viso e lo regalò ai raggi del sole che la avvolgevano come braccia forti e dolci, allo stesso tempo. I raggi scesero su tutto il corpo riscaldandola e consolando le pene inflitte da un marito debole e impotente.

Era uno spettacolo straordinario.

Luisa era una dea avvolta da oro e luce, più lei splendeva più io ingrigivo. Mi sentivo un estraneo davanti a quella potenza. Davanti a tutta quella bellezza. Davanti a tutto quell’amore.

Il sole la avvolse nei suoi raggi accecanti e la portò via da me.

Corsi alla finestra e la vidi felice come mai era stata con me. Era completamente abbandonata al bacio infinito del sole, aveva trovato il suo porto sicuro, la spalla dove riposare, il respiro a cui unire il suo.

Stavano ballando una danza nella quale non si percepiva dove iniziava uno e dove finiva l’altra.

Ero rimasto solo. Sono rimasto a guardare il cielo non so per quanto tempo e poi ho chiuso le finestre ed ho pianto.

Ero rimasto solo con il mio vuoto.

Oggi…

Sono passati miriadi di minuti da quella mattina, mi sono lasciato assorbire dal dolore della perdita più grande della mia vita.

Ancor’oggi non so spiegarmi cosa sia successo.

Ma in tutto questo ho continuato a scrivere e nessuno dei miei racconti supera in fantasia e meraviglia la mia particolare storia d’amore.

Oggi sono un uomo a cui il sole ha portato via l’amore. Non provo odio verso di lui.

Ho dovuto imparare a nuotare per sopravvivere ed oggi l’unico respiro che sento è il mio.

Va bene così, sono stato un uomo fortunato. Cieco e fortunato, purtroppo.

Il grande Amore supera sempre le delicate illusioni della nostra mente, ci travolge ma è così bello lasciarsi andare tra le braccia di chi si ama.

L’importante è non dimenticare che l’amore arriva, sempre, ma sta a noi riconoscerlo e proteggerlo.

Rachele Bandecchi

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