Terra creatrice

Carta e penna. Penna, penna, dov'è la penna? Mi chino a terra e la colgo, la sfuggente, nascosta sotto il tavolo. Inizio a pensare a cosa potrei scrivere, ma nulla giunge con prepotenza al centro della mia mente. Tuttavia, appoggio la punta argentea della penna sul foglio bianco e vuoto, solcato da righe orizzontali parallele, vicine ma senza possibilità d'incontro. L'argento preme contro la cellulosa in decomposizione (da cui il caratteristico odore di carta) e un getto blu notte ne scaturisce e si posa sul foglio: parole. Appaiono parole, e così anche segni d'interpunzione, così affini alle lettere da volere stare loro vicine. Il blu si mitiga al bianco e le righe incontrano amici, da poco scoperti, mentre il foglio inizia a saturarsi di vaganti proposizioni. Di per sé sono moltitudini di lettere accostate le une alle altre a formare parole e poi a formare frasi minime e, poi, a formare proposizioni complesse e perfino astruse, ma, quando vengono lette, l'impeto col quale possono colpire non è da sottovalutare. Continuo a scrivere, in preda al moto del mio animo, che altro non è che la mia mente; scrivo ed impazzisco, scrivo e, facendolo, mi sento un poco più vivo. Sento il macchinare costante ed inappagabile dei miei emisferi cerebrali, mi lascio travolgere dalle emozioni, le braccia tese verso una mano che crea, dal nulla, il tutto. Lascio che sia la mente a guidarmi ed il corpo a seguire, obbediente, pervaso dal flusso di pensieri corposi che scaturiscono da quell'argento scrivente. Osservo il foglio, nuovamente, e noto che ogni riga ha trovato una frase cui legarsi, con bramosia, ed ora il foglio non è più una landa desolata ma una terra verdeggiante: una terra creatrice.

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