Il mare dove non si tocca

Quando ero piccolo, passavo le sere con lui e gli altri zii e col nonno Arolando, che era ancora vivo e ritagliava insieme a noi tante lettere da un rotolone di carta giallo, lettere grandi che poi appiccicavamo una dietro l’altra su un panno rosso e diventavano parole, e servivano come striscioni nei cortei del partito comunista. È così che ho imparato a scrivere, mi facevano vedere com’era fatta la A e io ne ritagliavo un sacco, poi la B, la C e avanti così, infatti quando è cominciata la scuola e la maestra ci ha spiegato l’alfabeto io lo sapevo già benissimo. Anche se all’inizio ero confuso, perché secondo me mancavano due lettere. Lei ha detto di no, c’erano tutte dalla A alla Z, e allora ho capito che, anche se gli zii me ne facevano ritagliare tante, la falce e il martello non erano nell’alfabeto. E da lì in poi non ho più avuto problemi con l’italiano.

Con la matematica però sì, e tantissimi. Non è solo che non la capisco, è che la matematica mi mette proprio tristezza, mi basta pensare che esiste e sento una cosa amara in gola come quando mi capita in mano una foto del nonno Arolando che sorride, e io gli volevo tanto bene e mi sembra così ingiusto che lui, come i dinosauri, si è estinto e non ritorna mai più. E quello che non ritorna mai più, nel caso della matematica, è il tempo della vita che butti via mentre cerchi di risolvere i suoi problemi assurdi, come appunto quello di ieri:

Pino il contadino possiede 20 galline, che ogni giorno producono 10 uova fresche. Un mattino, però, Pino si sveglia e scopre che 5 galline sono scappate dal pollaio e altre 5 sono state rubate dalla volpe. Povero Pino, quante uova avrà quel giorno da portare al mercato?

L’ho letto a voce alta, e per un attimo ho davvero sperato che lo zio mi desse la soluzione. Senza spiegazioni, senza farmici arrivare col ragionamento, solo il numero delle uova e addio compiti. Poi ho alzato gli occhi e ho visto il suo sguardo spalancato nel nulla, e ho capito che non sarebbe stato così. Ha cominciato a scuotere la testa con una smorfia di schifo sulla bocca, mi ha strappato il quaderno di mano e l’ha strizzato forte come il collo di uno che ha fatto una cosa brutta.

«Ma che è questa roba! Come fanno a scapparti cinque galline in una notte, come fa una volpe a fregartene cinque in un colpo! Questo Pino è un coglione, ma cosa vi insegnano a scuola?».

Fabio Genovesi

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