La gioia, il dolore, l’eccesso

Se non sentiamo, almeno una volta, che tutto è male e che il male è ciò che esiste, non sfioriamo, neppure per un attimo, il problema con cui siamo chiamati a confrontarci. Poiché il problema, infatti, è tanto arduo e profondo da ammettere soltanto una formulazione radicale. Noi siamo dinanzi a un estremo e ciò che ci riguarda è l’insolubile. Se questo estremo non viene raggiunto dal pensiero, nulla più ci riguarda realmente. Se non pensiamo al male come a un che di irrimediabile, esso diviene un momento della vita accanto a molti altri. Un episodio destinato, presto o tardi, a concludersi, un dolore cui segue un piacere nel ritmo alterno dell’eterna vicenda entro cui si sviluppano gli eventi del mondo. Ma che dire di un tale fenomeno? È ancora male un male ridotto alle rassicuranti proporzioni di quella misura entro la quale poniamo quanto di solito ci accade? Non si tratta di articolare una semplice domanda, ma di dare spazio al grido originario da cui essa sorge sempre e di nuovo e a cui richiede di essere rimessa. L’irrimediabile suscita un simile grido. E d’altra parte, se si sente che non v’è rimedio, si vive il male come un tutto. Neppure l’ultima chance ci viene offerta; non ci resta che il dolore di esistere.

Giorgio Franck - La gioia, il dolore, l’eccesso in “Il male: scritture sul male e sul dolore" a cura di Franco Rella

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