Era il 1972, avevo circa sei anni e vivevo a Gela, una piccola città sulla costa mediterranea della Sicilia, proprio di fronte all’Africa del Nord. In quella zona, un tempo, si erano insediati i Rodio-Cretesi, che avevano dato vita a un fiorente commercio con l’entroterra, ma, agli inizi degli anni ‘70, poco rimaneva dei fasti del passato. Per l’esattezza abitavo a Macchitella, un villaggio residenziale costruito di fronte al lido. Lì il piano regolatore aveva funzionato ed era nata quell’oasi di palazzine azzurre a tre piani e qualche torre rosa di sei, distribuite fra boschetti di eucalipti, cespugli di oleandri e di gelsomino dal profumo intenso. Il villaggio aveva tutto: scuole, supermercati, impianti sportivi, la chiesa, il teatro, il cinema. Le strade erano pulite, ordinate e ornate da vari tipi di piante — gerani, gelsomini, stupende stelle di Natale perennemente in fiore — e conducevano tutte alla passeggiata lungo mare, dove c’erano i gelatai, i venditori di “mellone” (an