Paradiso e inferno – onirico – (a dream of mine made a few nights ago)

Era una via stretta. Lunghissima.

Impossibile vedere dove finisse.

Era una via. Su cui camminare.

Una via. Ed era piena di pasta.

Pasta di grano duro. Il cui colore si soffermò per parecchi istanti, uno attaccato all’altro, nello sguardo di loro due che la stavano osservando per la prima volta.

Osservavano quella distesa di mare immobile.

Si erano completamente perduti.

Affogati d’un tratto dentro quegli istanti frutto di una somma reale di una visione moltiplicata con un respiro non respirato. Perché il respiro non c’era più.

Però era rimasto lo sguardo. E lo sguardo era andato avanti dentro la leggerezza che li dominava.

Il loro sguardo all’improvviso si era precipitato correndo avanti, veloce e sotto quella spinta sottile di una visione che si allargava si stavano accorgendo che la via aveva cominciato ad innalzarsi.

La strada che avevano percorso inizialmente era scomparsa. In terra non c’erano più le pietre dal color grigio-scuro.

Quella che potevano ora vedere era una via di pasta di grano duro. Una via che prendeva una direzione che andava verso l’alto.

Era fatta di pasta di grano duro, di piccolo formato. Un mosaico perfetto di tante rotelline di pasta di grano duro e questa via nuova che era apparsa era di colore oro.

L’oro della pasta.

L’oro del grano.

L’oro.

La luminosità dominava.

Era sparito d’un tratto quel grigio scurissimo tipico di una via notturna o di un sogno (troppo) lucido.

Oro.

Ma non era un colore indefinito. Non era neppure una sensazione.

Quel colore aveva la stessa forma della pasta di grano duro dalla forma di piccole rotelle.

Rotelline di pasta dorata.

Era una via. E non produceva fatica camminare su quella via. Soprattutto dopo che la strada grigio-scuro era scomparsa.

Lei, però, si era accorta che se si voltava indietro, poteva ancora vederla. E allora il “senso dorato” spariva e tornava il colore grigio-scuro. L’anteprima del nero.

Era come guardare da lontano l’immagine di un vicolo di notte. Senza illuminazione. Senza possibilità di fuga. Senza nulla. Tranne che quella possibilità di entrare. In un vicolo. Nulla. Tranne che quel vicolo. Tranne che quella possibilità di avvicinarsi.

Non le faceva paura.

Era solo un’altra percezione.

Era solo un altro modo.

Di vedere.

Chi non voleva vedere la via di pasta di grano duro dal colore/senso dorato che saliva in alto stranamente, però, poteva vedere la stessa, identica via. Era sempre una via fatta di pasta. Solo che questa volta la pasta sembrava essere stata dipinta di una qualche sfumatura accentuata di grigio molto scuro.

Ma era un’oscurità scolpita. Modellata dai lineamenti che definivano quella rotella.

Era la stessa, piccola rotella di pasta che faceva parte dello stesso mare di rotelle che andavano verso l’alto.

Era la differente percezione. Solo questo.

Lei lo aveva capito.

Non era sbagliato. Non era neppure giusto.

Era la “libera scelta”.

Libera.

Scelta.

E si accorse che invece lui non voleva vedere oltre in quella situazione nuova in cui si trovavano.

Prima lo percepì.

Ebbe un respiro non respirato.

E lo percepì.

Poi lo vide.

(Perché il senso della visione era tutto quello che aveva.)

Lo vide rimanere sulla sua posizione.

Ecco.

Fu così.

Lei avrebbe visto il mare di via di grano duro dorato. Lui, invece, si era lasciato assorbire in quello grigio-scuro. Ma tutto intorno a quella via potevano (comunque) vedere il cielo. Un cielo. Semplicemente un cielo.

Roberta Sirignano

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