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Visualizzazione dei post da settembre, 2021

FramMenti

L’occhio guarda, per questo è fondamentale. È l’unico che può accorgersi della bellezza. La visione può essere simmetrica, lineare o parallela, in perfetto allineamento con l’orizzonte. Ma può essere anche asimmetrica, sghemba, capricciosa, non importa, perché la bellezza può passare per le più strane vie anche quelle codificate dal senso comune. E dunque la bellezza si vede perché è viva e quindi reale. Diciamo meglio che può capitare di vederla dipende da dove si svela. Ma che certe volte si sveli, non c’è dubbio. Ecco perché bisogna stare dalla parte dell’occhio, l’occhio che osserva scruta i dettagli e l’orizzonte insieme, vede le piccole e le grandi cose, il gesto minimo e l’azione prolungata.   Patrizio Barbaro

Gli knygnešiai

I CONTRABBANDIERI DI LIBRI Gli knygnešiai erano contrabbandieri di libri attivi in Lituania tra il 1864 e il 1904. La parola significa in lituano trasportatore di libri. In generale, la parola si riferisce anche ai contrabbandieri di libri dalla Lituania minore (parte della Prussia orientale) nell'impero russo e in particolare nelle regioni di lingua lituana, dove era stato proibita la stampa in caratteri latini. Gli knygnešiai furono un simbolo della resistenza alla politica di russificazione messa in atto dallo zar. Analizzare il contesto storico/politico è fondamentale per comprendere la loro importanza. Tali sforzi risalgono al 1863 quando, dopo l'insurrezione polacco-lituana, il governo imperiale intensificò i tentativi di rimuovere la Lituania dall'influenza cattolica. Per questo nell'estate dello stesso anno vennero promulgate le Regole Temporanee per l'Educazione Infantile nel Kraj di Nord-Ovest (comprendente la Lituania e parte dell'odierna Bielorussi

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Siamo stanchi di diventare giovani seri o contenti per forza. O criminali o nevrotici. Vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri, non vogliamo essere subito già così senza sogni. (Pier Paolo Pasolini)

Va...

Va Il suo corpo in ogni cuore, sembra un coltello Lei apre senza pietà altre ferite oltre la mia E va Con il suo corpo lungo la strada ed il cemento È un teatro per le sue gambe Sempre pronte ad una danza Se ritardi, così viene l'attesa La mia unica arma è un lungo silenzio Io tra milioni di sguardi Che si inseguono in terra Ho scelto proprio il tuo Ed ora tra miliardi di vite Mi divido con te Se perdi la pazienza Grazie a un sorriso ritorni mia Poi apri la tua mano In un disegno sovrumano La tua anima sta giocando in giardino Mi nascondo e la scruto Ma il tuo corpo dov'è? Noi per nutrire l'amore Ci sfidiamo a duello Sarà sempre così Ma amore, non esiste un nemico Più bello di te. (Piero Ciampi)

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Penso che finché l'uomo torturerà e ucciderà gli animali, torturerà e ucciderà anche gli esseri umani – e vi saranno le guerre – perché uccidere viene praticato e appreso poco a poco. Dovremmo cercare di superare le nostre piccole insensibili crudeltà, cercare di evitarle e cercare di bandirle. Ma siamo ancora troppo osservanti delle nostre tradizioni. E le tradizioni sono come una salsa grassa e saporita, che ci fa ingoiare la nostra insensibilità egoista senza farci accorgere di quanto questa sia amara.  sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau

Amilcare Cipriani

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"Nei miei 70 anni ho fatto 20 guerre, 14 anni di bagno penale e lavori forzati, 53 anni di vagabondaggio e povertà ". Amilcare Cipriani Da un'intervista dell'Avanti del 4 Gennaio 1914. Nel 1859, a soli 15 anni, partecipa alla seconda guerra di Indipendenza e successivamente a tutte le imprese garibaldine, non disdegnando di intervenire in qualche guerra in solidarietà ai popoli oppressi. Nel 1871 a Parigi svolge un ruolo importantissimo nella prima Rivoluzione Socialista e Libertaria della Storia: la Comune di Parigi. Catturato, viene condannato a morte, ma Thiers, per paura di certe ritorsioni, la commuta in ergastolo. Viene mandato in Nuova Caledonia, dove stringe una forte amicizia con Louise Michel, trascorrendo lì ben 8 anni. Nel 1881 in Svizzera progetta con Carlo Cafiero una rivolta antimonarchica da estendere a tutta Italia. Rientrato in Italia, viene condannato in un primo processo a 25 anni di carcere per cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Alla fi

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Tu sei il mio amore e la mia disperazione. Tu sei la mia follia e la mia saggezza. E sei tutti i luoghi in cui non sono stato e che mi chiamano da tutti gli angoli del mondo. Tu sei queste sei righe cui devo limitarmi per non gridare.   Henrik Nordbrandt

La strage delle api che mette in pericolo tutta la catena alimentare

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Se questa mattina avete preso un caffè o bevuto un succo d’arancia, dovete probabilmente ringraziare un’ape. Un terzo del cibo che mangiamo è legato all’azione di questi e altri insetti impollinatori, che volando di fiore in fiore favoriscono la fecondazione incrociata nelle piante. Un rapporto simbiotico che va avanti da milioni di anni e rappresenta una delle chiavi di volta dell’evoluzione: le piante forniscono alle api il nettare di cui si nutrono; queste in cambio trasportano il polline dagli stami allo stigma, facendosi vettori della riproduzione. Le une non potrebbero vivere senza le altre. E anche noi avremmo non poche difficoltà: se le api cessassero di esistere, non saremmo privati solo del miele, ma scomparirebbero varie specie vegetali, con effetti devastanti su tutta la catena alimentare. La relazione tra la nostra specie e le api affonda nella notte dei secoli. (…) Oggi questo rapporto appare seriamente compromesso: le api muoiono a ritmi spaventosi come risultato di dive

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“La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l’amicizia fiorisce soltanto quando un individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri”.   Carl Gustav Jung - Ricordi, sogni, riflessioni

La Storia del Budda

Il Budda Shakyamuni Siddhartha Gautama, detto Shakyamuni (il saggio della tribù Shakya), visse nell'India del Nord circa tra il 563 a.C. e il 483 a.C. (studi recenti propongono come date di nascita e morte del Budda gli anni 480 a.C. e 400 a.C.). Egli era chiamato Budda, ovvero «colui che è risvegliato». Prima di intraprendere la sua ricerca spirituale Shakyamuni viveva nell'agio presso il palazzo del padre, ma poco prima di compiere trent'anni incontrò delle persone che stavano vivendo l'esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte, rimanendone impressionato e turbato. Allo stesso modo rimase ammirato dalla serenità di un saggio eremita. Maturando tali esperienze, Shakyamuni presa coscienza della precarietà delle sue ricchezze, abbandonò la sua famiglia, in cerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze del mondo. Intraprese diverse pratiche spirituali e incontrò molti maestri, finché, insoddisfatto di quanto sperimentato, ricercò la sua via:

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Se non si stenta a immaginare l’intera umanità in preda alle convulsioni o, quanto meno, allo sgomento, in compenso significherebbe tenerla in eccessiva stima credere che essa possa, nella sua totalità, elevarsi mai al dubbio, generalmente riservato a pochi reprobi. Eppure, essa vi accede, in una certa misura, nei rari momenti in cui cambia dei, e in cui gli animi, sottoposti a sollecitazioni contraddittorie, non sanno più quale causa difendere né a quale verità infeudarsi.  E. Cioran

La naia

Oggi il servizio militare obbligatorio non c’è più, ci sono gli eroici volontari, a paga accettabile, con giovani e graziose commilitone al fianco (cosa nemmeno immaginabile negli antichi tempi bui, o solo vagamente sognata), e divise e corredo (maglie, mutande et coetera) di discreta indossabilità. I diciottenni contemporanei non sanno che pèsca si sono evitati. Si, lo suppongono: “Meno male che non c’è più la naia, è vero? Ma tu l’hai fatta? Com’era?. Com’era? Era dura , almeno i primi tempi. Dopo un po’ ti abituavi, ti scafavi, imparavi cento piccoli trucchi per imboscarti, come quello, quando percorrevi il cortile della caserma in tempo di riposo, di tenere sempre qualcosa, tipo una cartellina, fra le mani, per fingere di avere da fare, di stare ubbidendo ad un ordine superiore. Altrimenti, il primo sergente che incontravi, vedendoti ozioso, ti spediva subito a fare qualcosa di spiacevole e ti sfotteva il tempo libero. Questo, e altri novantanove piccoli trucchi, imparavi e me

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“Siamo il tempo. Siamo la famosa parabola di Eràclito l’Oscuro. Siamo l’acqua, non il diamante duro, che si perde, non quella che riposa. Siamo il fiume e siamo anche quel greco che si guarda nel fiume. Il suo riflesso muta nell’acqua del cangiante specchio, nel cristallo che muta come il fuoco. Noi siamo il vano fiume prefissato, dritto al suo mare. L’ombra l’ha accerchiato. Tutto ci disse addio, tutto svanisce. La memoria non conia più monete. E tuttavia qualcosa c’è che resta e tuttavia qualcosa c’è che geme.”   — Jorge Louis Borges - Sono i fiumi

L’altra verità

LA PAURA, LA VIOLENZA, L’ELETTROSHOCK ALDA MERINI RACCONTA I SUOI TERRIBILI OTTO ANNI IN UN OSPEDALE PSICHIATRICO Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose. Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e po

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Il guaio è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci, non ci siamo intesi affatto. Eh, storia vecchia anche questa, si sa.   (L. Pirandello)

La verità, vi prego, sull’amore

Dicono alcuni che amore è un bambino, e alcuni che è un uccello, alcuni che manda avanti il mondo, e alcuni che è un’assurdità, e quando ho domandato al mio vicino, che aveva tutta l’aria di sapere, sua moglie si è seccata e ha detto che non era il caso, no. Assomiglia a una coppia di pigiami, o al salame dove non c’è da bere? Per l’odore può ricordare i lama, o avrà un profumo consolante? È pungente a toccarlo, come un pruno, o lieve come morbido piumino? È tagliente o ben liscio lungo gli orli? La verità, vi prego, sull’amore. I manuali di storia ce ne parlano In qualche noticina misteriosa, ma è un argomento assai comune a bordo delle navi da crociera; ho trovato che vi si accenna nelle cronache dei suicidi, e l’ho visto persino scribacchiato sul retro degli orari ferroviari. Ha il latrato di un alsaziano a dieta, o il bum–bum di una banda militare? Si può farne una buona imitazione Su una sega o uno Steinway da concerto? Quando canta alle feste, è un finimondo? Apprezzerà soltanto

FramMenti

È bella di notte la città. C’è pericolo ma pure libertà. Ci girano quelli senza sonno, gli artisti, gli assassini, i giocatori, stanno aperte le osterie, le friggitorie, i caffè. Ci si saluta, ci si conosce, tra quelli che campano di notte. Le persone perdonano i vizi. La luce del giorno accusa, lo scuro della notte dà l’assoluzione. Escono i trasformati, uomini vestiti da donna, perché così gli dice la natura e nessuno li scoccia. Nessuno chiede di conto di notte. Escono gli storpi, i ciechi, gli zoppi, che di giorno vengono respinti. È una tasca rivoltata, la notte nella città. Escono pure i cani, quelli senza casa. Aspettano la notte per cercare gli avanzi, quanti cani riescono a campare senza nessuno. Di notte la città è un paese civile.   Erri De Luca

Miroslav Filipović

FRATELLO SATANA. IL FRATE FRANCESCANO CHE SGOZZAVA I BAMBINI SERBI Miroslav Filipović, frate francescano, durante la Seconda Guerra Mondiale in Jugoslavia partecipò all'assassinio dei serbi, degli ebrei e dei rom, nonché dei dissidenti croati perpetrato dal regime croato degli Ustascia, operando in particolare modo nel campo di concentramento di Jasenovac un luogo di prigionia definito, in una lettera del 24 febbraio 1943 dal Cardinale Alojzije Viktor Stepinac indirizzata al capo dello Stato Ante Pavelić una "vergognosa macchia per lo Stato Indipendente Croato. Per la sua crudeltà gli vennero attribuiti gli epiteti di "Il diavolo di Jasenovac" e di "Fratello Satana". Gli ùstascia (che significa alzarsi in piedi, insorgere, ribellarsi) erano originariamente coloro che lottavano contro i turchi. In seguito, sul finire degli anni venti del secolo scorso, il termine fu adottato dal croato di Bosnia Ante Pavelić per designare gli appartenenti al movimento nazi

FramMenti

Che io sieda alla tavola globale, con la mia famiglia o con la mia coscienza, l’allevamento industriale, per quanto mi riguarda, non appare solo irragionevole. Accettarlo mi sembrerebbe inumano. Accettarlo - nutrire la mia famiglia con il cibo che produce, sostenerlo con i miei soldi - mi renderebbe meno me stesso, meno il nipote di mia nonna, meno il figlio di mio padre.   Jonathan Safran Foer, Se niente importa

Elio Pagliarani

  Sono momenti belli: c'è silenzio Sono momenti belli: c'è silenzio e il ritmo d'un polmone, se guardi dai cristalli quella gente che marcia al suo lavoro diritta interessata necessaria che ha tanto fiato caldo nella bocca quando dice buongiorno è questa che decide e son dei loro non c'è altro da dire. E questo cielo contemporaneo in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto questo cielo colore di lamiera sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa sopra tutti i tranvieri ai capolinea non prolunga all'infinito i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli coperti di lamiera? È nostro questo cielo d'acciaio che non finge Eden e non concede smarrimenti, è nostro ed è morale il cielo che non promette scampo dalla terra, proprio perché sulla terra non c'è scampo da noi nella vita.

FramMenti

E la cecità allora? No, la cecità non è un problema, almeno fino ad un certo punto. Il cieco vede gli odori, riconosce i movimenti dell’aria, si accorge con la sua sensibilità. Perché la bellezza quando appare, sposta tutti i sensi e si sa anche far ascoltare. No, la cecità non è un problema. Il problema è avere occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono, nemmeno l’ordito minimo della realtà. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esiste. Ma sul deserto delle nostre strade, Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio.   Patrizio Barbaro

Pietro Gori

UNA VITA DA ANARCHICO, UNA VITA DA POETA, UNA VITA DA AVVOCATO. UN BREVE RICORDO DI PIETRO GORI Quella di Pietro Gori è una vita in esilio. Una vita fatta di incarcerazioni preventive, di espulsioni, di ritorni e di nuove cacciate. Una vita da anarchico, una vita da poeta, una vita da avvocato. Pietro Gori era tutto questo. Tutto questo in una sola persona. Convinto sostenitore delle idee libertarie passò l’intera esistenza a lottare per esse. Lottava per i compagni arrestati, che più e più volte, difendeva tanto nelle arringhe pubbliche quanto nelle aule di tribunale. Lottava scrivendo opuscoli sovversivi, ma anche testi poetici e canzoni di ribellioni, che lo resero famoso in tutto il mondo. Lottava in piazza e nei caffè letterari, nelle aule universitarie e tra le barricate delle piazze. Lottava in Italia e in Svizzera, in Sudamerica e perfino in Palestina. Lottava sempre, lottava ovunque. Classe 1865, Pietro Gori aderì fin da giovanissimo all’anarchismo. Questa decisione e l

FramMenti

"Con il cuore colmo di vita e di amore camminerò. Felice seguirò la mia strada. Felice invocherò le grandi nuvole cariche d’acqua. Felice invocherò la pioggia che placa la sete. Felice invocherò i germogli sulle piante. Felice invocherò polline in abbondanza. Felice invocherò una coperta di rugiada. Voglio muovermi nella bellezza e nell’armonia. La bellezza e l’armonia siano davanti a me. La bellezza e l’armonia siano dietro di me. La bellezza e l’armonia siano sotto di me. La bellezza e l’armonia siano sopra di me. Che la bellezza e l’armonia siano ovunque, sul mio cammino. Nella bellezza e nell’armonia tutto si compie."  (Canto della notte Navajo)

Darwinismi e sofismi

L'uomo che ha trasformato il lupo in cagnolino, che fabbrica lune false e aerei a reazione, sarà davvero risultato di una lenta evoluzione? La distanza che c'è fra lui e il penultimo gradino, è assai più grande di quella fra quest'ultimo e i precedenti, oltre al fatto che la sua scala svolta in altra direzione. Ad ogni modo, all'origine di questi ragionamenti, sussistono due sofismi che ne invalidano la conclusione: l'uno, l'errore scientifico d'ordinare gli oggetti per poi tirare le somme dall'ordine a cui son soggetti, e l'altro, l'errore storico d'introdurre immutato. Il punto di vista contemporaneo nel più remoto passato trascurando l'influenza di qualche circostanza che forse in altre epoche ebbe speciale importanza.  Juan Rodolfo Wilcock - Darwinismi e sofismi

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Metà del male che viene fatto a questo mondo è dovuto a persone che vogliono sentirsi importanti.  Thomas Stearns Eliot

L’arte di legare le persone

“Io non capisco come fai a mantenerti. Quanti matti ci sono in città?”, chiede una ragazza allo psichiatra invitato a cena dai suoi genitori. “Vediamo”, risponde lo psichiatra, “proviamo a contare quanti ce n’è in questo palazzo”. “C’è solo il pazzo del terzo piano, quello che parla da solo”, ribatte troppo certa l’interlocutrice. “C’è per caso una ragazza magra, magra che sembra uno scheletro?”, indaga lo psichiatra. “Giovanna, sul nostro pianerottolo”, risponde la giovane. “Ora voglio sapere, non c’è un signore scavato che esce poco, non apre mai la porta, è silenziosissimo e non si spinge nemmeno sul poggiolo tutto sporco di cacche di piccione?” “Sì, Silvio, al terzo piano”. “Beccato il paranoico”, ribatte lo psichiatra, “passiamo ai depressi. Hai mai sentito un vicino dire: non andiamo al mare, mia moglie sta a letto?” “Sì, ultimo piano”. “Una sola depressa? Facciamo finta che sia così. Non mi dire che in tutto il palazzo non c’è una vecchietta che straparla e butta oggetti dalla f

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"Ancora si sente l'odore di legna dai camini. Ancora la nebbia si sdraia sui mattini di questo lungo inverno di pianura. Sono stata fuori al freddo come un albero, per vedere se si può vivere solo di radici. Ho chiesto agli animali liberi della campagna di venirmi a dire che non si deve aver paura dello spazio aperto e della solitudine. Mi sono scovata sotto un cespuglio di rovi e sono stata frutta seccata tra i rami. Ora lo sguardo mi è diventato selvatico il sorriso è tornato infantile Ancora si sente l'odore della legna dai camini ed io mi commuovo a vedere la forza dei tulipani che già hanno superato la terra con le nuove foglie verdi."  (Gilda Jocle)

Winslow

Che Nettuno ti trafigga con il tridente, Winslow. Ascolta, ascolta o Tritone Ascolta. Invoca, ordina al nostro padre, il re del mare, di sorgere dal profondo con l’aura spaventevole della sua furia. Che onde nere in mescolanza con schiuma salata riempiano questa giovane bocca di putrida acqua melmosa fino a soffocarti. Ti ingozzerei dei tuoi organi finché non diventerai blu in viso e gonfio di salamoia e di sentina e non potrai più urlare. E solo quando egli sul capo una corona di conchiglie e con una strisciante coda tentacolare e la folta barba fumante solleverà minaccioso al fine il suo possente braccio, il suo tridente dalle punte di corallo stridendo come spirito nella tempesta con immane forza affonderà nella tua gola. E tu esploderai non più disgustosa vescica rigonfia ma vuota sacca sanguinolenta, ora un niente che le mostruose arpie, insieme alle anime dei marinai che ci hanno lasciato, beccheranno e artiglieranno per nutrirsene, prima che essa venga al fine trangugiato, inghi

FramMenti

Tilden si domandò se la vista di un fiume rendeva gli uomini più tristi o dava loro una speranza, immaginò che allo psicologo della prigione sarebbe piaciuta, visto che a lui interessava tutto ciò che era diverso, fosse anche una nuova mano di vernice. Tilden aveva imparato a dare allo strizzacervelli ciò che voleva, e cioè più che altro l'impressione che non avrebbe accoltellato il primo figlio di puttana che lo guardava storto. Per sopravvivere alla galera bisognava riuscire a far credere a tutti di essere abbastanza pazzi da risultare pericolosi. Per uscire, invece, serviva l'esatto opposto. Tilden non era sicuro di cosa occorresse fare per restarne fuori.   Chris Offutt - A casa e ritorno

Teresa Noce

22 Gennaio 1980: Teresa Noce: Rivoluzionaria professionale “Ci sono vite che con il loro stesso dispiegarsi bastano da sole a incarnare il senso profondo di un’epoca e a illuminare il significato più intenso di un’esperienza come quella della militanza nelle organizzazioni di classe all’interno del movimento partigiano europeo. La vita di Teresa Noce è una di queste: stiratrice, sarta, tornitrice e, già nel 1921, fondatrice del Partito comunista. Costretta all’illegalità dall’avanzata del fascismo, dirige la «Voce della Gioventù» prima di espatriare in Unione Sovietica e, tornata in Italia, di essere alla testa degli scioperi organizzati nelle fabbriche torinesi. Quando scoppia la guerra civile in Spagna, Teresa Noce è tra i membri delle Brigate Internazionali con il nome di battaglia di Estella, poi è tra i Francstireurs-et-partisans nella resistenza francese. Arrestata, viene rinchiusa in un lager bavarese, dove viene liberata dall’avanzata sovietica, in tempo per essere una delle 21

FramMenti

“E perché, con la scusa di essere genitori responsabili, state inculcando ai vostri figli lo stesso ethos del consumo, se i beni materiali non sono l'essenza dell'umanità: perché vi state assicurando che la loro vita sia ingombra di oggetti come la vostra, con doveri e paranoie e immissioni ed emissioni, così che l'unico scopo per cui avranno vissuto sarò quello di perpetuare il sistema, e l'unica ragione per cui moriranno sarà il fatto di essersi logorati.”   Jonathan Franzen

L'amante

L'amante vuole l’incondizionato, esclusivo possesso della persona da lui ardentemente desiderata; vuole un assoluto potere tanto sulla sua anima che sul suo corpo, vuole essere amato lui solo e prendere stanza nell’anima dell’altro e signoreggiarvi come il bene più alto e più desiderabile: Se si pone mente al fatto che ciò non è altro se non escludere tutto il mondo da un bene prezioso, da una sorgente di felicità e di piacere: se si considera che l’amante mira ad impoverire e spogliare ogni altro concorrente e che vorrebbe diventare il drago del suo prezioso tesoro, essendo il più spregiudicato ed egoista di tutti i conquistatori e i predatori: se si tiene finalmente presente che allo stesso amante tutto il resto del mondo appare indifferente, pallido, senza valore, e che egli è pronto a fare ogni sacrificio, a sconvolgere ogni ordinamento, a mettere in secondo piano ogni suo interesse, ci si meraviglia effettivamente che questa selvaggia avidità di possesso e questa ingiustizia d

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E ci sono poi tutte le cose che si fanno per non dover parlare: alcuni passano le serate addormentati in una sala di proiezioni, con al fianco la donna alla quale, cosi, non sono tenuti a dover parlare; alcuni imparano a giocare a bridge; alcuni fanno l'amore, che si può fare anche senza parole. Di solito si dice che queste cose si fanno per ingannare il tempo: in verità si fanno per ingannare il silenzio.   (Natalia Ginzburg)

Popolo

Per un popolo civile non vi è nulla di più vergognoso che lasciarsi «governare», senza opporre resistenza, da una cricca di capi privi di scrupoli e dominati da torbidi istinti. Non è forse vero che ogni tedesco onesto prova vergogna per il suo governo? E chi di noi prevede l'onta che verrà su di noi e sui nostri figli, quando un giorno cadrà il velo dai nostri occhi e verranno alla luce i crimini più orrendi, che superano infinitamente ogni misura? - Se il popolo tedesco è già così profondamente corrotto e decaduto nel più profondo della sua essenza, da rinunciare senza una minima reazione, con una fiducia sconsiderata in una legittimità discutibile della storia, al bene supremo dell'uomo che lo eleva al di sopra di ogni creatura, cioè la libera volontà, ovverosia la libertà che ha l'uomo di influenzare il corso della storia e di subordinarlo alle proprie decisioni razionali; se i tedeschi sono già così privi di ogni individualità, se sono diventati una massa vile e ottusa

FramMenti

Il grosso scherzo che ti fa la biologia è che raggiungi l'intimità con una persona prima di sapere qualcosa di lei. Fin dal primo momento, hai capito tutto. Inizialmente, l'attrazione è esercitata dalle superfici, ma c'è anche l'intuizione della dimensione più completa. E l'attrazione non dev'essere necessariamente la stessa: lei può essere attirata da una cosa, tu da un'altra. È superficie, è curiosità, ma poi, boom, ecco la dimensione. È bello che lei sia di Cuba, è bello che sua nonna fosse questo e suo nonno quello, è bello che io suoni il piano e sia il proprietario di un manoscritto di Kafka, ma questa è solo una digressione lungo a strada che ci porta nel posto dove stiamo andando.   Philip Roth, L’animale morente

Una certezza

Certi giorni che mi tocca andare molto per le strade (sono i soli momenti che riposo) o rivedere facce di vecchia conoscenza, so già che a poco a poco mi lascerò prendere dalla solita idea - quest'idea comincia a camminare con me - mi fa compagnia negli incontri e nelle attese - sta per dirmi una parola decisiva - e proprio mentre credo di vedere qualcosa, capisco ch'è soltanto il riflesso di un momento di quand'ero ragazzo e non sapevo nemmeno che sarei diventato io. Con tanto che ho fatto, veduto e capito nel mondo, mi succede dunque che le cose più mie sono un mucchio di sassi dove mi sedevo allora, una griglia di cantina dove ficcavo gli occhi, una stanza chiusa dove non potevo entrare. E il bello è che quell'impressione di sfiorare un mondo libero come l'aria, di sentire per un momento che io e questo mondo siamo una cosa sola e, se l'impressione continuasse per un po’, dovrei credermi chi sa chi e vivere in tutt'altro modo, quest'impressione potevo

FramMenti

Volevo scriverti, non per sapere come stai tu, ma per sapere come si sta senza di me. lo non sono mai stato senza di me e quindi non lo so. Vorrei sapere cosa si prova a non avere me che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avermi pronto lì a fare qualsiasi cosa per farti stare bene. Forse si sta meglio, o forse no. Però mi è venuto il dubbio e vorrei anche sapere se ogni tanto questo dubbio è venuto anche a te. Perché sai, io a volte me lo chiedo come si sta senza di te, poi però preferisco non rispondere che tanto va bene così. Ho addirittura dimenticato me stesso per poter ricordare te.  Soren Kierkegaard

Razzializzare

È così che si intitola uno dei capitoli del libro "How nonviolence protects the state" di Peter Gelderloos. L'autore spiega come l'adesione dogmatica alla non violenza sia ingiustificata e ingiustificabile. Non condanna coloro che praticano azioni non-violente, ma sottolinea l'importanza di diversificare gli approcci alle lotte che per avere successo, a volte, possono richiedere azioni violente. La non violenza nel contesto attuale è intrinsecamente un metodo utilizzato dalle persone privilegiate, ignora la violenza onnipresente della società industriale. Elude il fatto che questa violenza è inevitabile, parte integrante dell'attuale gerarchia sociale e che sono le persone non bianche ad esserne maggiormente colpite. Il pacifismo suppone che le persone bianche privilegiate, che non hanno mai subito razzismo, possano consigliare alle popolazioni oppresse di soffrire passivamente e sottostare alla violenza delle strutture sociali. Strumentalizzare delle fi

FramMenti

Noi stiamo rovinando tutto con le parole queste maledette parole... "Tu, tu mi hai amato con la testa. Io, io ti ho amato con il cuore. Forse il tuo amore è più giusto forse il mio è più forte. Io ho paura della tua memoria perché fai troppi conti col passato e castighi i miei errori ignorando i tuoi e poi tu hai sposato il tuo orgoglio con la vanità. La nostra è una battaglia molto dura perché noi non ci concediamo mai un perdono, io col sentimento ti spavento tu con la logica mi sgomenti. Se dici che siamo soli su questa terra cerchiamo di evitare un addio: andiamo avanti con questo amore andiamo avanti tu con la testa, io con il cuore."   (Piero Ciampi) [Tu con la testa io con il cuore]

Sulla fotografia

Gran parte dell’arte moderna si sforza di abbassare la soglia del terribile. Abituandoci a ciò che, un tempo, non sopportavamo di vedere o di udire, perché troppo scandaloso, doloroso o imbarazzante, l’arte modifica la morale, cioè quell’insieme di consuetudini psichiche e di sanzioni pubbliche che traccia un limite tra ciò che è emotivamente e spontaneamente intollerabile e ciò che non lo è. La graduale eliminazione del disgusto ci avvicina a una verità piuttosto formale: quella dell’arbitrarietà dei tabù eretti dalla morale e dall’arte. Ma la nostra capacità di sopportare il crescente grottesco delle immagini (fisse e in movimento) e delle parole scritte ha un prezzo oneroso. Alla lunga, non è una liberazione ma una riduzione dell’io: una pseudofamiliarità con l’orribile rafforza l’alienazione e diminuisce la nostra capacità di reagire ad esso nella realtà.   Susan Sontag, “L’America in fotografia” in ead., Sulla fotografia, Einaudi 2004, pp. 36-37

FramMenti

Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest'abbraccio e non chiedere altro perché la vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte, e poi una volta sarà l'ultima, ma tu dici stasera, adesso, non è già l'ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perché se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l'amore è niente di più, sei tu che confondi l'amore con la vita.  Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici - Ottava ora della notte, biglietto n. 8 - M.S.

Non son l'uno per cento ma credetemi esistono

Non son l'uno per cento ma credetemi esistono In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano Sono gli anarchici Han raccolto già tutto Di insulti e battute E più hanno gridato Più hanno ancora fiato Hanno chiuso nel petto Un sogno disperato E le anime corrose Da idee favolose Non son l'uno per cento ma credetemi esistono Figli di troppo poco o di origine oscura Non li si vede mai che quando fan paura Sono gli anarchici Mille volte son morti Come è indifferente Con l'amore nel pugno Per troppo o per niente Han gettato testardi La vita alla malora Ma hanno tanto colpito Che colpiranno ancora Non son l'uno per cento ma credetemi esistono e se dai calci in culo c'è da incominciare Chi è che scende per strada non lo dimenticare Sono gli anarchici Hanno bandiere nere Sulla loro Speranza E la malinconia Per compagna di danza Coltelli per tagliare Il pane dell'Amicizia E del sangue pulito Per lavar la sporcizia Non son l

FramMenti

La macchia umana, – disse, ma senza ripugnanza, né disprezzo, né disapprovazione. E senza tristezza. È così. Questo è tutto ciò che Faunia, nel suo tono freddo e distaccato, stava dicendo alla ragazza che nutriva il serpente: noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui. Nulla a che fare con la disobbedienza. Nulla a che fare con la grazia o la salvezza o la redenzione. È in ognuno di noi, Insita, Inerente. Qualificante. La macchia che esiste prima del suo segno. Che esiste senza il segno. La macchia così intrinseca che non richiede un segno. la macchia che precede la disobbedienza, che comprende la disobbedienza e frustra ogni spiegazione e ogni comprensione.   Philip Roth, La macchia umana

Di mano

Un giorno, ricordo, conducevo alcuni amici giapponesi a visitare San Petronio a Bologna, e spiegavo loro il senso delle mirabili sculture di Iacopo della Quercia che ornano la facciata della cattedrale. «Ecco Adamo ed Eva nel paradiso terrestre... Qui assaggiano il frutto proibito... E qui, vedete, vengono cacciati dal paradiso; lui è punito con il peso ed il sudore del lavoro e lei col dolore del parto...». «Come!?», esclamò subito uno dei giapponesi, «per voi il lavoro è una punizione?». Tale concetto parve, lo capii subito, assurdo. Il lavoro può essere pesante, antipatico, uggioso, odiatissimo, ma nessuno può scorgervi tinte d'una maledizione metafisica congenita — e farsene volendo intima bandiera. Di norma lo si concepisce come momento naturale, legittimo, dei vari cicli vitali (giorno, anno, esistenza), come un'estrinsecazione delle proprie abilità di mano e di mente. Bravo (jôzu) significa, in giapponese, "superiore di mano"; maldestro (heta) "di mano inf

FramMenti

“Tutti perdiamo continuamente tante cose importanti. Occasioni preziose, possibilità, emozioni irripetibili. Vivere significa anche questo. Ma ognuno di noi nella propria testa – sì, io immagino che sia nella testa – ha una piccola stanza dove può conservare tutte queste cose in forma di ricordi. Un po' come le sale della biblioteca, con tanti scaffali. E per poterci orientare con sicurezza nel nostro spirito, dobbiamo tenere in ordine l'archivio di quella stanza: continuare a redigere schede, fare pulizie, rinfrescare l'aria, cambiare l'acqua ai fiori. In altre parole, tu vivrai per sempre nella tua biblioteca personale.” (Haruki Murakami)

Petit Fou

"Il bambino è il 'petit fou', il piccolo matto. Bisognerebbe imparare dai matti anziché rinchiuderli e curarli. Siamo noi a doverci curare, casomai, dalla nostra vergognosa normalità. Dell'inesauribile schiera dei folli fanno parte quelli che giocano, quelli che non dànno nulla per scontato, quelli che immaginano, che ribaltano le cose-date, che costruiscono l'incomprensibile e arrivano fino all'impossibile. I matti vanno oltre la realtà e dànno fastidio, è chiaro, come i bambini che non vogliono conformarsi alla stupideria generale, che si ribellano all'autoritarismo della famiglia e della scuola. Il bambino è il 'petit fou', il grande creatore. Un indimenticabile Artaud scriveva ai rettori delle Università europee che 'il bambino di sei anni che per la prima volta entra in una scuola avrebbe molto da insegnare al suo presunto maestro, se solo questi avesse la saggezza e l'onestà di credere che c'è qualcosa da imparare dalla coscienza d

FramMenti

Nessuno può gettare sopra il fiume della vita il ponte sul quale tu devi passare, nessun altro che tu sola. Certo vi sono innumerevoli sentieri e ponti e semidei che vorrebbero farti attraversare il fiume; ma solo a prezzo di te stessa; ti daresti in pegno e ti perderesti. Al mondo vi è un’unica via che nessuno oltre a te può fare: dove porta? Non domandare, seguila. Chi fu che disse: «Un uomo non si eleva mai tanto in alto come quando non sa dove la sua via può ancora portarlo».   Friedrich Nietzsche, Schopenhauer come educatore (Adelphi, 1985)

Gelo

E fissando lo sguardo nel mattatoio attraverso la porta spalancata disse: «Ecco là dentro Lei può vedere chiaramente le carni squartate, spaccate a colpi d’ascia. Naturalmente c’è ancora l’urlo, naturalmente! Tendendo l’orecchio Lei potrà ancora udire l’urlo! Lei continuerà a udire l’urlo, benché lo strumento che lo emetteva sia morto, da tempo spaccato, strappato, reciso. La corda vocale è già stata macellata ma l’urlo permane! È un fenomeno prodigioso constatare che la corda vocale è già stata strappata, spaccata, recisa, mentre l’urlo permane! Che continui ad esserci l’urlo. Anche quando tutte le corde vocali saranno state spaccate e recise, quando saranno morte tutte le corde vocali del mondo, tutte le corde vocali di tutti i mondi e tutte le possibilità di immaginarle, tutte le corde vocali di tutte le esistenze, ci sarà ancora l’urlo, continuerà ad esserci l’urlo, l’urlo non può venir squarciato, non può venir reciso, l’urlo è la sola cosa eterna, l’unico infinito,la sola cosa in

FramMenti

O Dio, mandaci dei folli, che si impegnino a fondo, che dimentichino, che amino non soltanto a parole, che si donino per davvero sino alla fine. Abbiamo bisogno di folli, di irragionevoli, di appassionati capaci di tuffarsi nell'insicurezza, l’ignoto sempre più spalancato della povertà! Abbiamo bisogno dei folli del presente, innamorati della semplicità, amanti della pace, liberi dal compromesso, decisi a non tradire mai, che non amino soltanto la propria vita, capaci di accettare qualsiasi lavoro, di andare in un posto qualsiasi: obbedienti e insieme spontanei e tenaci, forti e dolci. Dio, mandaci dei folli.  Louis–Joseph Lebret

Strage dell’avidità

Questa non mi sembra una “strage dell’avidità”: mi sembra una strage del “tengo famiglia”. Una strage del “anche noi dobbiamo mangiare”. Una strage di chi si crede più furbo degli altri, di chi lavora male perché “cosa vuoi che succeda”, “ci penserà qualcun altro”, “c’è chi fa peggio di noi”, “con tutte le schifezze che fanno gli altri, proprio noi dobbiamo farci problemi?”. “Anche noi dobbiamo mangiare”. Quante volte lo abbiamo sentito da chi assume in nero, da chi non paga le tasse perché ha deciso che sono troppe, da chi pretende che la sua azienda continui a inquinare e che la propria necessità di mangiare diventi un alibi e superi i diritti di tutti, compresi quelli che si sobbarcano la fatica della responsabilità o di pagare tasse che sono troppe anche per loro? Qual è la differenza tra chi ha tolto il freno di una funivia pur di lavorare e chi ha tenuto il ristorante aperto quando era vietato, nonostante la certezza di provocare contagi e morti? Certo, morti forse meno cruente e

FramMenti

“Mi è toccato di vivere in un tempo in cui l'uomo ha preso a venerare il labirinto della sua mente.”   Czeslaw Milosz, Il cagnolino lungo la strada

Vicente Aleixandre

 Poesia d'amore Ti amo sogno del vento obliato il polo confluisce con le mia dita nelle dolci mattine del mondo a testa in giù quando è agevole sorridere perché la pioggia è benigna Nell'alveo di un fiume viaggiare è cosa deliziosa o pesci amici ditemi il segreto degli occhi aperti dei miei sguardi che sboccano nel mare a reggere le chiglie delle navi lontane Io vi amo - viaggiatori del mondo - voi che sull'acqua dormite uomini che in America vanno in cerca dei loro vestiti quei che lascian sul lido la loro patita nudità e sulle tolde della neve attraggono il raggio della luna Camminare in attesa è bello e dilettevole l'argento e l'oro non hanno mutato di fondo rimbalzano sui flutti sul dorso squamoso e generano musica o sogno alle chiome più bionde Nel fondo di un fiume la mia brama va via dai paesi innumerevoli che ho tenuto sui polpastrelli quell'ombre che vestito di nero ho lasciato ormai lungi disegnate in spalla La speranza è la terra è la guancia è un'

FramMenti

Tu vai da uno e pensi: "Voglio dirgli questa cosa". Ma perché? L'impulso è che, confidandoti, tu possa provare un po' di sollievo, e se la cosa è davvero tragica e terribile non va meglio, va peggio; l'esibizionismo inerente alla confessione ha solo reso più profonda l'infelicità.   Philip Roth - Pastorale americana

Vagabondaggio

 «Noi viandanti siamo tutti così. La nostra smania di vagabondaggio e di vita errabonda è in gran parte amore, erotismo. Il romanticismo del viaggio è per metà nient’altro che attesa dell’avventura. Ma per l’altra metà esse è impulso inconsapevole a trasformare e a dissolvere l’elemento erotico. Noi viandanti siamo abituati a coltivare i desideri amorosi proprio per la loro inappagabilità, e quell’amore che apparterrebbe alla donna noi lo dissipiamo profondendolo al villaggio, alla montagna, al lago, alla voragine, ai bimbi sul sentiero, al bove sul prato, all’uccello e alla farfalla. Noi liberiamo l’amore dall’oggetto, l’amore da solo ci è sufficiente, così come nel nostro vagare non cerchiamo la meta, ma solo il godimento del vagabondaggio per se stesso, l’essere in cammino». Hermann Hesse, Vagabondaggio, 1918-19

FramMenti

Data una società ed una civiltà come le attuali, nel Ribelle, in colui che non si adatta, nell’asociale, è in via di principio, da vedersi l’uomo sano. Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce per i persecutori, anziché per le vittime, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che non si è ancora piegato. Il Ribelle è deciso ad opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo.  (Ernst Jünger, "Trattato del Ribelle")

Imparare

Come si impara poco a poco a non reagire a ciò che ci infastidisce Con il tempo, è possibile imparare che non si ottiene nulla ferendo le persone che ci feriscono. Allontanarsi dall’idea di una vendetta è il maggior segno di maturità che si possa esprimere. Tutta l’energia che usiamo per reagire a ciò che ci dà fastidio non fanno che estenuarci e ci impediscono di vedere ciò che di positivo ha da offrirci la vita. Del resto, è impossibile accontentare tutti e non è nemmeno auspicabile che chiunque ci riservi il trattamento che speriamo. Allo stesso modo, fare di tutto per convincere qualcuno a tutti i costi di qualcosa è uno spreco di tempo e di energia. L’ideale è imparare a non reagire alle cose brutte e fastidiose. Prima che si verifichi un fraintendimento plausibile, non reagire non significa accettare ciò che sta accadendo. E’ una questione di scelte: la scelta più sana è quasi sempre ignorare. Questa è la lezione che dovremmo imparare tutti. Questa scelta, ci permette di diventar

FramMenti

"Ti passerà,” continuava, "ti passerà", e molto più presto di quanto tu non creda. Certo, mi dispiace: immagino quello che senti in questo momento. Però un pochino anche t'invidio, sai? Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare… Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini

Noche de los Lápices

 "GLI ADOLESCENTI SEQUESTRATI AVREBBERO DOVUTO ESSERE ELIMINATI DOPO AVER FATTO LORO SOFFRIRE PENE INDICIBILI IN DIVERSI CENTRI DI DETENZIONE CLANDESTINI" La Notte delle matite (Noche de los Lápices), è il nome in codice dell'operazione organizzata dalla polizia argentina, con lo scopo di sequestrare, sempre durante la notte, reprimere, torturare ed uccidere gli studenti delle scuole superiori che si fossero resi colpevoli di "attività atee ed anti nazionaliste". L'operazione si inseriva in quello che fu definito all'epoca come Processo di riorganizzazione nazionale, nel periodo intercorrente tra il 24 marzo 1976 (data del colpo di Stato che aveva portato al potere la giunta militare guidata da Jorge Rafael Videla) e il 1983. Quella che nel ricordo popolare viene definita come Notte delle matite spezzate ebbe luogo a La Plata nella notte del 16 settembre 1976, quando vennero sequestrati sei studenti, militanti o simpatizzanti della cosiddetta Unión Estud

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