Di mano

Un giorno, ricordo, conducevo alcuni amici giapponesi a visitare San Petronio a Bologna, e spiegavo loro il senso delle mirabili sculture di Iacopo della Quercia che ornano la facciata della cattedrale. «Ecco Adamo ed Eva nel paradiso terrestre... Qui assaggiano il frutto proibito... E qui, vedete, vengono cacciati dal paradiso; lui è punito con il peso ed il sudore del lavoro e lei col dolore del parto...». «Come!?», esclamò subito uno dei giapponesi, «per voi il lavoro è una punizione?». Tale concetto parve, lo capii subito, assurdo. Il lavoro può essere pesante, antipatico, uggioso, odiatissimo, ma nessuno può scorgervi tinte d'una maledizione metafisica congenita — e farsene volendo intima bandiera. Di norma lo si concepisce come momento naturale, legittimo, dei vari cicli vitali (giorno, anno, esistenza), come un'estrinsecazione delle proprie abilità di mano e di mente. Bravo (jôzu) significa, in giapponese, "superiore di mano"; maldestro (heta) "di mano inferiore". 

 Fosco Maraini, Ore giapponesi

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