Il Pollaio

C’è un serpente che viene a fare visita alle mie belle galline quasi ogni giorno, non vuole fare male a nessuno, pretende soltanto il suo uovo. Da queste parti lo chiamiamo Cervone. E’ molto lungo e di bella presenza nella sua livrea gialla prevalente segnata da gocce di nero scendenti lungo i lati del corpo, il sottopancia bianco come un agnello, la testa imponente e ben strutturata lo fa assomigliare ad un piccolo boa. Un magnifico serpente di terreno sassoso, innocuo, che adora cibarsi di uova. Quando arriva per cena, le mie adorate pollastre si agitano molto e lanciano penne da tutte le parti, ma lui, indifferente e quasi indolente, s’infila nel buco della rete che può parare una faina, una volpe, ma che non ho mai sistemato a contenere serpenti. Credo che i galli, con innaturale coraggio, talvolta abbiano accennato con le nervose zampette appuntite a calpestare l’intruso, ma è stato inutile, quello si è sempre voltato di scatto con una bocca spalancata al punto da poterci infilare la mano di un bambino.

Ed è qui che i galli, corpulenti generali in battaglia o manager nani in commedia, ripiegano lesti dietro le femmine galline pronti a suggerire diverse mosse migliori, ma, miseri maschi in potere, finiranno soltanto per ritrovarsi inermi ai piedi sapienti di esperte segretarie oppure appesi ai seni scontenti di mogli rigorose e severe.

Attraversando il breve tratto che separa la rete dalle uova, il tipo strisciante non sembra nemmeno badare a tutti quei polli piazzati adesso, come sono, su un pezzo qualsiasi di legno purché sollevato da terra. Disciplinati e domi osservano l’animale sinuoso infilarsi tra le uova migliori come stesse esibendo uno slalom speciale.

Con lingua tagliente le sfiora avvolgendole poi delicatamente, badando bene a non procurare alcun danno peggiore fin quando, convinto, non punta deciso sulla prescelta che, in pochi secondi, riempirà per intero la sua bocca e dopo poco il suo stomaco. Per me, che non sono né pollo né gallo, sarebbe fin troppo facile a quel punto spaccare l’uovo tra le sue fauci ed insieme il suo cranio privo di sacca velenifera e forse anche con poco cervello, ma così zeppo di istinto primario da farmene invidia parecchio. Però non riuscirei a finire così quella vita, anzi, mi impalla guardarlo mentre compie il suo gesto da pirata arrogante per finire, ripieno e soddisfatto, ad osservare le galline sui trespoli e queste, dai trespoli, ad osservare me, rilassato ed appeso alla rete con entrambe le mani e con la fronte appoggiata alle mani, fermo ad osservare il serpente mangione, in un’aria sospesa ed immobile nella sua evidenza che serve soltanto saper osservare senza nulla da dire, senza nulla da fare.

Accade tutto da così tanto tempo che ormai non abbiamo più nulla da temere gli uni dagli altri. Così il Cervone si rimette con il muso al proprio destino e comincia ad ancheggiare prima verso l’uscita poi, dopo che pare fermarsi un momento a guardarmi per un saluto d’intesa, scivola via, verso l’erba più alta che lo difende dai falchi.

Le amate galline intanto ritornano a beccare curiose la terra da poco violata da quel serpente elegante senza nemmeno curarsi di andare a contare le uova rimaste.

I galli rialzano fieri la cresta contenti di aver saputo risolvere l’intera faccenda nel modo da loro ben indicato, mentre io faccio finta di sistemare alla meglio il buco nella rete. Mi accorgo però, mentre lo faccio, di avere irrimediabilmente perduto la mia parte di istinto bestiale in cambio di un’effimera dose di ragione e coscienza, finisco così per scoprire tristemente che, tra tutti gli interpreti in scena, sono l’unico inadeguato che mente.

Giorgio Gasperini

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