Sul colle dove sorgeva Troia hanno dissotterrato sette città. Sette città. Sei di troppo per una epopea. Che farne, che farne. Gli esametri si spaccano, il mattone privo di trama appare dalle fessure, muri abbattuti nel silenzio da film muto, travi carbonizzate, anelli spezzati, brocche bevute a perdifondo, amuleti della fertilità, nòccioli di frutteti e crani tangibili come la luna di domani. Cresce la nostra dose di antichità, ci si sta stretti, inquilini abusivi sgomitano nella storia, schiere di carne da spada, rovesci della medaglia di Ettore, a lui eguali in valore, migliaia e migliaia di singoli volti, e ciascuno il primo e l'ultimo nel tempo, e in ciascuno due occhi insoliti. Era più semplice non saperne niente, era così tenero, così arioso. Che fare di loro, cosa dargli? Un secolo finora poco popolato? Un qualche plauso per l'oreficeria? In fondo è troppo tardi per il giudizio universale. Noi, tre miliardi di giudici, abbiamo le nostr