Il libro delle emozioni

Se le pulsioni sono naturali, se le emozioni sono in parte naturali e in parte orientate dalle differenti culture e dal­l’educazione, i sentimenti non li abbiamo per natura, ma per cultura. I sentimenti si imparano. E tutte le società, dalle più antiche a quelle di oggi, non si sono mai sottratte a questo compito. Fin dal­l’origine dei tempi, infatti, le prime comunità, attraverso narrazioni, miti e riti, insegnavano la differenza tra il puro e l’impuro, il sacro e il profano con cui circoscrivere la sfera del bene e del male, creando schemi d’ordine capaci di orientare i membri della comunità nei propri comportamenti. Al­l’impurità era connesso il contagio, con conseguente reazione di terrore e procedure di isolamento, da cui si usciva con particolari pratiche rituali, magiche e scarificali. Gli antichi Greci avevano rappresentato nel­l’Olim­po, a guisa di modello e di orientamento, tutti i sentimenti, le passioni e le virtù umane. Zeus era il potere, Atena l’intelligenza, Afrodite la sessualità, Ares l’aggressività, Apollo la bellezza, Dioniso la follia. Oggi, per apprendere i sentimenti, non possiamo più ricorrere ai miti, però abbiamo quel grandioso repertorio costituito dalla letteratura che ci insegna che cos’è l’amore in tutte le sue declinazioni, che cos’è il dolore in tutte le sue manifestazioni, che cosa sono la gioia, la tristezza, l’entusiasmo, la noia, la tragedia, la speranza, l’illusione, la malinconia, l’esaltazione. Educati dalle pagine letterarie, disponiamo di mappe mentali che, in presenza del dolore, ad esempio, ci indicano, se non le vie d’uscita, le modalità per reggerlo. E questo è forse il senso di quella neppur troppo enigmatica espressione di Eschilo che dice: “Solo il sapere ha potenza sul dolore” [Eschilo, Agamennone, vv. 177-178]. Penso che fino ai diciotto anni tutte le scuole, dagli istituti tecnici ai licei classici e scientifici, sono scuole di formazione. Si tratta di formare l’uomo. Le competenze si acquisiscono al­l’università. Perché non è un uomo chi è competente ma non ha alle spalle una formazione che gli consenta di svolgere con retto giudizio e adeguata comprensione la professione che in seguito sceglierà. Quindi niente scuola-lavoro, ma scuola a tempo pieno e, per allacciarci a quanto abbiamo detto, meno computer a scuola e più libri di arte, storia, scienze, matematica, filosofia, letteratura in tutti gli ordini scolastici. E visto che il mondo è ormai globalizzato, l’inglese fin dalla prima elementare, insieme alla filosofia, a cui già dall’infanzia ci si affaccia con le domande che i bambini si pongono. L’indirizzo “umanistico”, che ha sempre caratterizzato la nostra scuola, non solo va mantenuto, ma nel­l’età della tecnica va addirittura incrementato e non sostituito con un indirizzo tecnico, perché solo l’indirizzo umanistico può portare lo studente alla “maturità”, termine oggi sostituito, non a caso, con “esame di Stato”, come se la maturità di uno studente non fosse più lo scopo ultimo della scuola.

Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni, Feltrinelli (collana Serie bianca), settembre 2021. [Libro elettronico; corsivi dell’autore]


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