8 settembre 1943

NAVE PRONTA PER SCAPPARE E UNA DOZZINA DI UOVA PER LA REGINA. QUESTE LE PREOCCUPAZIONI DI VITTORIO EMANUELE III FUGGITO A BRINDISI DOPO L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943 

«[Vittorio Emanuele III] ci fece notare che in quel preciso momento c’era in porto una nave italiana, con le macchine sotto pressione, pronta a portarlo via se i tedeschi avessero riconquistato Brindisi. Cercammo di tranquillizzarlo. Murphy gli chiese se potevamo fare qualcosa per lui. Aveva bisogno di qualcosa? Dopo una pausa esitante disse: ”la regina non è riuscita a trovare uova fresche. È possibile avere in qualche modo una dozzina di uova?" Non ci domandò altro. Così con una dozzina di uova suggellammo il nostro accordo con la millenaria casa Savoia.» Così Harold McMillan e Robert Murphy, inviati diplomatici degli angloamericani in Italia, raccontano il primo incontro con il re a Brindisi. L’aneddoto, più volte riportato in vari testi e nelle memorie dei due, rende bene l’idea di quali fossero le priorità del monarca nel bel mezzo della crisi politica, istituzionale e militare più importante che l’Italia abbia mai attraversato. Una nave pronta per la fuga e una dozzina di uova per la regina. Mentre i reparti italiani precipitavano nel più totale caos dalla Francia alla Grecia (secondo alcuni per responsabilità anche dei quadri intermedi che disattesero gli ordini impartiti), Vittorio Emanuele III, lo stato maggiore dell'esercito e il generale Badoglio avevano lasciato la capitale per scappare verso i territori occupati dagli Alleati. All'alba del 9 settembre il generale Roatta, vice capo di Stato Maggiore (anch'egli in fuga), ordinava al suo sottoposto Carboni di trasferire la divisione corazzata Ariete e la divisione motorizzata Piave, poste a difesa di Roma, sulla via Tiburtina affinché proteggessero la fuga del Re. Mentre il re raggiungeva Brindisi, nella capitale le soverchianti forze tedesche attaccavano e sbaragliavano nel giro di due giorni i pochi militari rimasti e i coraggiosi civili che avevano scelto di combattere. Lo stesso re che, all’indomani di Caporetto, aveva affermato con tono imperituro alla nazione “ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento”, se l’era data a gambe nel più umiliante dei modi possibili. Ovviamente il giudizio sul piano storico del Re, di Badoglio e dello stato maggiore è solo in minima parte legato a questa vicenda. A Vittorio Emanuele vanno ascritte la responsabilità di aver consegnato il governo del paese al fascismo, di aver avallato l’aggressione all’Etiopia, le infami leggi razziali, di aver contribuito a trascinare il paese in due guerre mondiali. Scappare fu di certo l’ultima delle sue colpe. Anche se va ricordato che al contrario del monarca tanti italiani che non avevano titoli, privilegi o corone da difendere scelsero dopo l'8 settembre la via più difficile e coraggiosa, quella della Resistenza. 

 Cannibali e Re - Cronache Ribelli

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