2 novembre '75
2 NOVEMBRE 1975. L’OMICIDIO DI PIER PAOLO PASOLINI, UN INTELLETTUALE SCOMODO
2 novembre 1975
Sul lungomare di Ostia una gazzella dei carabinieri insegue a tutta velocità un’Alfa 2000 gt.
Gli era passata davanti in contromano e non si era fermata all’alt, così l’avevano raggiunta e obbligata a fermarsi. Alla guida della vettura c’è un ragazzo, che scende, prova a scappare ma viene subito bloccato. Il giovane ha diciassette anni, si chiama Pino Pelosi e ha una ferita alla testa. Non potrebbe guidare e in più quella macchina non è sua, i carabinieri lo vedono dal libretto. Così lo portano dentro, al carcere minorile di Casal di Marmo.
Il ragazzo però presto fa una confessione incredibile, dice di aver ucciso Pier Paolo Pasolini.
Pelosi racconta di essere stato “abbordato” da Pasolini in un bar. Dice che poi insieme i due sono andati in una trattoria e, infine, sull’Alfa Gt si sono diretti all’Idroscalo e qui, in cambio di ventimila lire, Pier Paolo gli avrebbe chiesto un rapporto sessuale. Rapporto interrotto presto dal giovane, che sarebbe degenerato in una colluttazione furibonda, conclusasi con la morte di Pasolini.
Caso chiuso per i carabinieri.
Presto però in molti denunciano errori e sviste nell’indagine. Innanzitutto la scena del crimine è stata contaminata da tanti curiosi accorsi dopo il ritrovamento del cadavere. L’auto stessa di Pasolini per giorni non è stata consegnata alla scientifica. Compaiono una serie di testimoni che danno una versione dei fatti diversa da quella di pelosi, ma poi ritrattano. E poi ci sono tanti particolari che non tornano. Il bastone e la tavoletta di legno con cui Pelosi dice di aver ucciso Pasolini sono fradici, la camicia insanguinata di Pier Paolo ritrovata molto lontano dal corpo, tracce di molte scarpe che non corrispondo alle suole dei due. Infine nell’auto ci sono un maglione sporco di sangue e un plantare, che non appartengono a nessuno dei due.
Alla fine però, nonostante le contraddizioni, dopo tre gradi di giudizio Pino Pelosi nel 1979 viene condannato per l’omicidio dalla Cassazione che, riprendendo la sentenza di primo grado, parla della possibile, ma non probabile, presenza di altri aggressori.
Oggi, a distanza di tanti anni, la dinamica dell’omicidio resta ancora in chiaroscuro.
Ciò che invece risulta lampante è che la scomparsa di Pasolini ha privato l'Italia di un intellettuale che aveva denunciato le stragi di stato, i tentativi di golpe, gli interessi lobbistici che regolavano l’economia.
Cannibali e Re
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