Perché festeggio la vittoria di Pisapia
Vedo, da più parti, critiche ai festeggiamenti per il cambiamento che sta sconquassando l’Italia come un terremoto. Arancione.
E’ comprensibile che la gente, in Italia, pensi che l’unico motivo valido per festeggiare in piazza sia la vittoria di una squadra di calcio, o di un motociclista, ma proverò a elencare i primi punti che mi vengono in mente, in ordine sparso e senza nessuna volontà di completezza, per spiegare perché ieri sono andato in Duomo a cantare e urlare di gioia per la vittoria di Pisapia.
1) Si è tornato a parlare di scuola pubblica come un valore, come un servizio per la comunità da mantenere aperto e accessibile, e non come un peso da cui distogliere risorse in favore di scuole confessionali (quindi solo per pochi) o per ricchi (quindi solo per pochi).
2) Si è tornato a parlare di integrazione in termini di opportunità positiva, e non come paura atavica e irrazionale. Senza voler trasformare l’Italia in un campo profughi, naturalmente, ma accogliendo e “sfruttando” la diversità come bacino culturale ed economico ricco e fruttifero, non “sfruttando” gli immigrati come robot da lavoro nero, come fanno certi benpensanti che poi urlano “foera di ball”.
3) Si è tornato a parlare di ambiente come un unicum, quindi non in termini esclusivamente “ideologici”, ma neanche come un fastidio. Ho sentito io stesso, direttamente e senza intermediari, Pisapia affermare che proteggerà aree verdi importanti come il Bosco in Città, a me carissimo in quanto perla del mio quartiere. Zone minacciate dalla destra dei palazzinari interessata solo alla speculazione economica. Vigileremo tutti affinché la promessa sia mantenuta.
4) Si è tornato a parlare di periferia come parte integrante e importante della Città, e non come inutile orpello dove ammassare la spazzatura del centro, dallo smog alle puttane. Vivendo in una periferia dimenticata dalla destra e dalla Moratti, con tutte le sue buche e i suoi problemi, non posso che esultare alla prospettiva.
Queste solo le prime cose che mi passano per la testa. Non avendo le fette di salame sugli occhi, come i berluscones che seguono fideisticamente il loro signore e padrone, non mi aspetto che tutto ciò sia facile e realizzato in un istante con la bacchetta magica. Non voglio il ghe pensi mi, voglio un progetto che traghetti Milano nel futuro.
So benissimo che le buone intenzioni spesso precipitano nella bocca dei poteri forti, degli affari, degli interessi politici. Per questo offriamo il nostro supporto con entusiasmo, ma in cambio vogliamo lealtà non a valori virtuali e ideologici, ma ai fatti concreti del programma.
Vigileremo, ma intanto la prospettiva del cambiamento è meglio della certezza dell’imbarbarimento. Per questo, io, e penso anche tutte le altre migliaia di persone che erano in piazza Duomo ieri pomeriggio e sera, festeggiamo gioiosamente e anche in modo goliardico il vento nuovo che soffia su Milano, e sull’Italia.
Gli altri, rosichino pure.
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