Eternamente
Nemmeno io sono stato lo sventurato messaggero di un’idea più forte di me, né il suo zimbello, né la sua vittima, poiché questa idea, se mi ha vinto, ha vinto solo per mezzo mio, e infine è sempre stata alla mia misura, l’ho amata e non ho amato che lei, e tutto ciò che è accaduto l’ho voluto, e non avendo avuto altro sguardo che per lei, dovunque essa sia stata e dovunque io abbia potuto essere, nell’assenza, nella sventura, nella fatalità delle cose morte, nella necessità delle cose vive, nella fatica del lavoro, nei volti nati dalla mia curiosità, nelle mie parole false, nei miei giuramenti bugiardi, nel silenzio e nella notte, le ho sempre dato tutta la mia forza e lei mi ha dato tutta la sua, in modo che questa forza troppo grande, incapace d’essere distrutta da alcunché, forse ci destina a una sventura smisurata, ma se è così, questa sventura l’assumo su di me, rallegrandomene a dismisura, e a lei dico eternamente: «Vieni», ed eternamente è là.
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