La Storia del Budda

Il Budda Shakyamuni

Siddhartha Gautama, detto Shakyamuni (il saggio della tribù Shakya), visse nell'India del Nord circa tra il 563 a.C. e il 483 a.C. (studi recenti propongono come date di nascita e morte del Budda gli anni 480 a.C. e 400 a.C.). Egli era chiamato Budda, ovvero «colui che è risvegliato». Prima di intraprendere la sua ricerca spirituale Shakyamuni viveva nell'agio presso il palazzo del padre, ma poco prima di compiere trent'anni incontrò delle persone che stavano vivendo l'esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte, rimanendone impressionato e turbato. Allo stesso modo rimase ammirato dalla serenità di un saggio eremita. Maturando tali esperienze, Shakyamuni presa coscienza della precarietà delle sue ricchezze, abbandonò la sua famiglia, in cerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze del mondo. Intraprese diverse pratiche spirituali e incontrò molti maestri, finché, insoddisfatto di quanto sperimentato, ricercò la sua via: una via di mezzo tra l'estremo ascetismo e una vita legata ai desideri terreni.

All'età di trentacinque anni, meditando sotto un albero, Shakyamuni raggiunse lo stato dell'Illuminazione, lo stato di completa e profonda saggezza, al di là di ogni sofferenza. Da quel momento passò la vita a insegnare come raggiungere questa condizione a innumerevoli persone, fondando una comunità monastica a cui poterono accedere gli uomini e successivamente anche le donne, cosa estremamente rivoluzionaria nella società indiana dell'epoca, che tradizionalmente non consentiva loro di uscire dalla tutela e dal controllo diretto della famiglia patriarcale.
Il Budda morì a ottanta anni. Da quel momento il suo insegnamento si diffuse in varie parti dell'Asia, mutuando e assimilando gli usi e costumi locali e dando vita a varie tradizioni buddiste, che si differenziarono tra loro per alcuni aspetti interpretativi dell'insegnamento.


La trasmissione dell’insegnamento
Shakyamuni aveva predicato la Legge senza lasciare testimonianze scritte. Il problema che si presentò alla sua morte fu quindi quello della definizione e trasmissione dell'insegnamento, e a tale scopo tutti i discepoli si riunirono in vari concili. Il primo concilio si tenne intorno all'anno 480 a.C., subito dopo la morte di Shakyamuni, presso la Grotta delle Sette Foglie a Rajagaha, allo scopo di riordinare le testimonianze delle sue predicazioni e poter così preservare la Legge. Durante questo primo Concilio i sutra furono recitati in gruppo affinché ognuno potesse memorizzarli e stabilire quando tutti fossero d'accordo sulla versione definitiva. Nel 386 o 376 a.C. circa si tenne il secondo concilio a Vaisali, città in cui i monaci avevano da tempo adottato delle pratiche discutibili: questi monaci furono messi a confronto con altri provenienti da tutta l'India e alla fine venne deciso da tutti i presenti un codice di comportamento. Il terzo concilio fu organizzato a Pataliputra nel 350 a.C. per discutere alcune tesi di un monaco (Mahadeva), giudicate scorrette. L'assemblea si pronunciò a favore del monaco e prese atto dell'avvenuta scissione tra gli anziani (thera) e il grande gruppo (mahasamghika). La posizione di Mahadeva, senza entrare nel merito delle questioni, dava maggior risalto ai laici e, da queste premesse, si svilupperà poi la corrente mahayana.Il quarto concilio fu convocato da Ashoka il Grande nel 250 a.C., perché era preoccupato dall'approfondirsi degli scismi in seno alla comunità. Ashoka, conosciuto nei primi anni di regno per la sua crudeltà, fu, nel suo tempo, un re di straordinaria importanza perché, dopo essersi convertito al Buddismo, adottò una serie di misure di governo fondate sui princìpi buddisti. Proibì di uccidere e sacrificare animali, costruì ospedali sia per gli umani che per gli animali, fece piantare alberi, costruire pozzi, produrre erbe medicinali, ordinò la scarcerazione dei prigionieri. Le sue volontà venivano incise in editti rupestri, molti dei quali sono rimasti fino ai nostri giorni. Sotto il suo governo il regno mantenne la pace per trentasette anni. Nel quarto concilio si cercò di frenare le tendenze scismatiche che cominciavano a differenziare l'insegnamento e che un paio di secoli più tardi daranno origine a due scuole fondamentali: la scuola del cosiddetto piccolo veicolo o Hinayana e quella del grande veicolo o mahayana.


Il Sutra del Loto
Gli insegnamenti di Shakyamuni sono registrati in un enorme corpus di testi, noti come sutra. Il modo in cui la filosofia del Buddismo viene presentata all'interno dei sutra è estremamente variegato, e rispecchia il fatto che Shakyamuni, invece di esporre la propria filosofia in maniera sistematica, preferì diffondere il suo insegnamento sotto forma di dialogo. I sutra vennero redatti negli anni successivi alla morte di Shakyamuni e si pensa che il Sutra del Loto sia stato composto tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo.
Il Sutra del Loto è stato probabilmente scritto in pali, e poi tradotto in sanscrito per dargli maggiore dignità letteraria, e in questa lingua è noto come il Saddharma-pundarika-sutra ("Sutra del Loto della Legge meravigliosa"). Il Sutra del Loto fu tradotto dal sanscrito al cinese nel 406 d.C. dal monaco Kumarajiva, il quale conosceva alla perfezione numerose lingue e commentava quotidianamente la traduzione con i suoi collaboratori, limandolo e perfezionandolo in una sorta di lavoro collettivo. La sua traduzione del Sutra del Loto è considerata la migliore, e si compone di otto volumi e ventotto capitoli. Molti studiosi di Buddismo considerano questa opera come il sutra che realizza lo scopo dell'apparizione di Shakyamuni in questo mondo. In particolare:
1) dichiara che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda, perciò tutti possono raggiungere l'Illuminazione;
2) chiarisce che il Budda non esiste in qualche luogo speciale e non è un essere soprannaturale;
3) dimostra che la natura essenziale della vita esiste continuamente attraverso passato, presente e futuro;
4) dichiara che non esistono categorie di persone che non possono ottenere la Buddità: negli insegnamenti precedenti le donne, per esempio, o i pratyekabudda (gli intellettuali, affetti da egoismo) non potevano ottenerla.
In questo sutra, inoltre, Shakya­muni dimostra di aver realmente raggiunto l'Illuminazione nell'infinito passato, e non nella sua attuale esistenza come era stato supposto dai suoi seguaci.
L'esempio concreto della sua stessa vita illustra il fatto che ottenere l'Illuminazione non significa trasformarsi o diventare qualcosa che non si è. Al contrario, significa rivelare lo stato innato, "naturale" che già esiste interiormente. Come ha scritto Daisaku Ikeda il Sutra del Loto è in definitiva una lezione di empowerment: «Ci insegna che l'intima decisione di un individuo può trasformare ogni cosa; conferisce espressione definitiva all'infinito potenziale e alla dignità innati in ogni vita umana».


Le differenze tra le tradizioni hinayana e mahayana
Mahayana significa "grande veicolo" mentre Hinayana significa "piccolo veicolo", termine che in origine aveva un senso dispregiativo.
«Nell'India del I secolo d.C., periodo in cui probabilmente il Sutra del Loto fu scritto, le differenti scuole del Buddismo hinayana ritenevano di essere depositarie dell'ortodossia buddista e questo, oltre a caratterizzarle per una certa chiusura, le aveva rese autoritarie e distaccate dalla gente comune. In controtendenza a un tale senso di cose si verificò l'emergere di un movimento di laici che manifestavano la propria fede nel Budda innalzando e venerando stupa a lui dedicati. La fede spingeva questi credenti laici a cercare di stabilire un contatto diretto con il Budda senza l'intermediazione dei monaci. Fu così che ebbe origine il movimento mahayana, riflesso nelle scritture compilate a quel tempo, come i sutra della Saggezza, il Sutra della Ghirlanda di fiori e il Sutra del Loto. Le scuole hinayana criticavano il nuovo movimento mahayana sostenendo che i suoi testi erano creazioni arbitrarie che non corrispondevano all'insegnamento del Budda» (tratto da Daisaku Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, Mondadori, vol. I, pag. 40
Per chiarire ulteriormente le posizioni delle due tradizioni è opportuno sottolineare la differente concezione del Budda: per le scuole hinayana il Budda è quello storico, ma allo stesso tempo una figura unica e irraggiungibile, mentre nel movimento mahayana la figura del Budda è sfrondata dai suoi elementi umani ed è cristallizzata nella condizione vitale di Buddità, un potenziale presente nella vita universale e in quella degli esseri umani.
Attualmente la sola tradizione hinayana sopravvissuta è la Theravada (la dottrina degli anziani) presente in Sri Lanka, Laos, Cambogia e Thailandia.


La diffusione del Buddismo in Cina e in Giappone
Il Buddismo arrivò in Cina nel I secolo d.C., probabilmente attraverso la Via della Seta, ma fu soltanto nel V secolo che, grazie all'opera di traduzione della scuola di Kumarajiva, la sua filosofia fu disponibile senza distorsioni e fu quindi possibile l'elaborazione di un vero e proprio Buddismo cinese. Infatti, fra il VI e il IX secolo si svilupparono otto importanti scuole, alcune di derivazione tipicamente indiana, altre, come il C'han (Zen in giapponese) più propriamente cinesi. Fra queste la scuola del Gran Maestro Chih-i (538-597), che prese il nome di T'ien-t'ai dalla montagna dove risiedeva. Il Buddismo di T'ien-t'ai, in base a un'accurata classificazione delle scritture buddiste, poneva le sue radici nel Sutra del Loto, da lui identificato come la vetta più alta dell'insegnamento di Sha­kya­muni. Elaborò anche la teoria di ichinen sanzen, i tremila mondi in un singolo istante di vita, secondo cui tutti i fenomeni sono presenti in un istante di vita e la Buddità è inerente a ognuno di essi.In Giappone il Buddismo arrivò dalla Corea, probabilmente nel 538 d.C., e intorno alla fine dello stesso secolo ebbe una grande espansione a opera del principe Shotoku Taishi. Egli spiegava personalmente alla gente i sutra buddisti, compreso il Sutra del Loto. In seguito si svilupparono numerose scuole, spesso citate nel Gosho, fra cui la Zen, la Jodo (Nembutsu), la Shingon e la Ritsu. Il Gran Maestro Dengyo (767-822), il cui vero nome era Saicho, fondò la scuola Tendai a partire dagli insegnamenti di T'ien-t'ai. Grazie alla saggezza e alla profonda comprensione del Sutra del Loto, la scuola Tendai si sviluppò moltissimo, diventando una delle più influenti del Giappone. Il tempio principale della scuola, situato sul monte Hiei, fu per secoli il più importante centro per lo studio del Buddismo, in cui anche Nichiren trascorse un periodo di ritiro. Tuttavia, benché il Sutra del Loto fosse diffuso e rispettato, la difficoltà degli insegnamenti e delle pratiche della scuola Tendai, fecero sì che il Buddismo che predicava si allontanasse dalla società e dai suoi problemi. Inoltre il suo clero non fu in grado di contrastare il coinvolgimento delle autorità religiose nella vita politica e la confusione fra i diversi insegnamenti, che divennero strumenti per accrescere il potere del clero e il suo distacco dalla gente comune. Come predetto nel sutra, l'epoca in cui l'insegnamento del Budda era andato perduto e la confusione regnava sovrana, l'Ultimo giorno della Legge, era iniziato. Fu in questo scenario che, nel 1222, nacque Nichiren Daishonin.

La vita di Nichiren Daishonin
16 febbraio 1222 nasce a Kominato, viene chiamato Zennichi-maro. 1234 entra nel tempio Seicho-ji per ricevere un'istruzione religiosa e generale. 1238 viene ordinato monaco da Dozen-bo, il suo maestro, e prende il nome di Zesho-bo Rencho. 28 aprile 1253 proclama per la prima volta Nam-myoho-renge-kyo. In questa occasione sceglie il nome di Nichiren (sole-loto). 16 luglio 1260 invia a Hojo Tokiyori, ex reggente che godeva di grande autorità, un trattato intitolato Adottare l'insegnamento corretto per la pace nel paese in cui spiega la causa dei disastri che investono il Giappone. 27 agosto 1260 un gruppo di seguaci Nembutsu lo assale con l'intento di ucciderlo. Questo episodio è noto come la persecuzione di Matsubagayatsu. 12 marzo 1261 viene condannato all'esilio a Ito, nella penisola di Izu. Ottiene il perdono nel febbraio 1263. 11 novembre 1264 gli uomini di Tojo Kagenobu, signore del luogo e fervente seguace Nembutsu, gli tendono un'imboscata. Due discepoli muoiono per difenderlo, Nichiren viene ferito. Questo episodio è noto come la persecuzione di Komatsubara. 12 settembre 1271 è arrestato come ribelle e condotto a Tatsunokuchi per essere decapitato. Quando il carnefice solleva la spada una sfera brillante attraversa il cielo, illuminando vivamente la scena e terrorizzando i soldati. Questa è nota come la persecuzione di Tatsunokuchi. 1 novembre 1271 è esiliato nell'isola di Sado. 16 gennaio 1271 si svolge il dibattito di Tsukahara, in cui Nichiren riduce al silenzio i preti delle altre sette, suoi oppositori. Febbraio 1272 termina uno dei suoi scritti più importanti, L'apertura degli occhi, in cui fornisce la prova documentaria dell'apparizione del vero Budda nell'Ultimo giorno della Legge. Aprile 1273 termina L'oggetto di culto per l'osservazione della mente, in cui spiega l'oggetto di culto dal punto di vista della Legge. Febbraio 1274 ottiene il perdono e torna a Kamakura, ma ancora le sue parole non vengono ascoltate dalle autorità per cui decide di ritirarsi sul monte Minobu. Settembre 1279 venti contadini di Atsuhara, discepoli del Daishonin, vengono arrestati, torturati e tre di loro uccisi. Il 12 ottobre 1279 iscrive il Dai-Gohonzon, l'oggetto di culto per tutta l'umanità. 13 ottobre 1282 muore.

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