Less is more

Nel Simposio Platone descrive la nascita di Eros come il risultato di una festa piuttosto turbolenta, data dagli dèi in onore della nascita di Afrodite: era presente Pòros (Espediente) figlio di Metis (Sagacia) che, come tutti i personaggi del dialogo di Platone, amava bere parecchio. Ubriacatosi di nettare, si addormentò in giardino, dove Penìa, la povertà, approfittò di lui. Come abbia fatto Penìa a fare l’amore con Pòros mentre era addormentato non è poi così importante. Il risultato di quel pomeriggio di festa fu la nascita di Eros, intelligente e scaltro come il padre, affamato come la madre. Di tutti i miti platonici, forse questo è il più bello. Sicuramente è il più vicino all’arte di non avere niente, perché è fondamentale per comprendere come il coraggio della povertà sia necessario per ottenere quel che realmente desideriamo. Soltanto Penìa ci libera dai ricatti della proprietà, e soltanto Pòros orienta i nostri desideri in maniera razionale. Se Penìa non genera Eros, se rimane soltanto mancanza di lavoro, mancanza di cibo e ci costringe a vivere in una capanna sulla riva del Mississippi, allora l’unico frutto del suo ventre sarà la miseria; ma se Pòros, l’espediente, il senso, darà una direzione alla consapevolezza di non avere niente, allora il demone ci trascinerà verso la ricerca di ciò che ci manca, qualsiasi cosa sia. È questa la differenza fondamentale tra il non avere niente e l’arte di non avere niente. 

Salvatore La Porta, Less is more. Sull’arte di non avere niente, Il Saggiatore (collana La Cultura, n° 1134), 2018. 


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