A margine
"Da anni ormai una certa sinistra - o meglio, una sua caricatura nostalgica e identitaria, affetta da anti-occidentalismo pavloviano - continua a spacciare una narrazione stanca e pericolosa: quella dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, e ora anche Iran, Venezuela, ecc.) come baluardo della resistenza contro l’imperialismo occidentale, avanguardia di un presunto "ordine multipolare" emancipatore, paladini dei popoli oppressi contro il capitalismo neoliberale Usa-centrico. Una favola. Una favola tossica. Perché chiunque osservi con un minimo di onestà la realtà sa benissimo che i BRICS non rappresentano nessuna alternativa progressista, nessuna rottura con il capitalismo. Al contrario: sono il volto di un capitalismo autoritario, repressivo, oligarchico, ultra-nazionalista e spesso teocratico. Un capitalismo che non solo non si oppone a quello occidentale, ma che ci fa affari d’oro, ne copia le logiche predatorie, e lo imita nei suoi tratti più cinici e brutali.
Prendiamo la Cina: campione mondiale di sorveglianza di massa, schiavitù moderna, censura e repressione politica, mentre al tempo stesso è un gigante economico che fa shopping nei mercati occidentali, esporta beni a basso costo, finanzia infrastrutture in mezza Africa in cambio di materie prime e pesante sfruttamento. Ma siccome non è "l’America", per qualcuno sarebbe un faro della liberazione. Ridicolo.
La Russia? Governata da una cleptocrazia reazionaria dove gli oligarchi vivono tra yacht e castelli, mentre chi dissente finisce in carcere o peggio. Un Paese che basa la propria economia parassitaria sulla rendita energetica, e che ha invaso e devastato uno Stato sovrano come l’Ucraina in nome di un imperialismo vintage condito da retorica zarista e neo-stalinista. Ma "resiste alla Nato", quindi - dicono - va difesa. Emetico.
L’India? Modi è uno dei leader più pericolosi del mondo, un despota autoritario che promuove l’hindutva (versione indiana del suprematismo religioso), perseguita minoranze e dissidenti, ma mantiene una faccia sorridente nei summit economici internazionali. Un Paese dove la povertà più nera convive con il culto delle start-up e del libero mercato. Ma siccome fa parte dei BRICS, c’è chi ancora lo difende. Grottesco.
L’Iran? Una teocrazia repressiva, misogina, violenta, che imprigiona, tortura e uccide chi manifesta. Ma siccome è "anti-imperialista", va bene anche quello. Non importa che le sue élite clericali si arricchiscano mentre le sanzioni colpiscono i più poveri. Basta che urli contro l’Occidente, e tanto basta a certi "analisti" per dichiararlo "resistente". Ipocrisia allo stato puro.
Ecco il punto: chiamare questi Paesi "alternativi" al capitalismo occidentale è come dire che il petrolio è un’energia verde solo perché lo estrae la Russia invece che l’Exxon. È pura disonestà intellettuale, figlia di un’ideologia che ha smesso da tempo di interrogarsi sulla realtà e preferisce rifugiarsi nei miti, nei vecchi slogan, nei tic identitari.
Questi Paesi non sono contro il capitalismo: ne rappresentano una versione più brutale, meno ipocrita forse, ma non certo più giusta. Il loro potere si fonda sullo sfruttamento, sulla concentrazione della ricchezza, sulla repressione delle libertà individuali, sull’intolleranza verso il dissenso. E in tutto questo sono perfettamente compatibili con le logiche del mercato globale: vendono armi, risorse, dati, manodopera a basso costo. Giocano nello stesso campionato, solo con una maglia diversa.
Chi crede ancora nella giustizia sociale, nella libertà, nella solidarietà tra i popoli, dovrebbe avere il coraggio di dirlo chiaramente: non basta essere anti-occidentali per essere dalla parte giusta della storia. Bisogna essere contro tutte le forme di sfruttamento, di autoritarismo, di dominio. E oggi come ieri, queste forme esistono certamente a Ovest ma molto di più a Est. Sarebbe bello che si smettesse di fare il tifo per le potenze, e si tornasse a parteggiare per gli oppressi."
Mimmo Stolfi
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