Frammenti di un discorso amoroso per internet

Questi sono gli appunti per un discorso. Che forse farò domani. Se sarà il caso, se ci sarà l’aria giusta, la gente giusta. O forse il discorso resterà qui. Un modo per mettere in fila pensieri e timori, progetti e speranze. Che riguardano internet.

Perché io amo internet. Non sembri velleitario o esagerato. Se oggi mi chiedessero a quale strumento di comunicazione non potrei mai rinunciare fra giornali, radio, tv e internet, io, che di comunicazione vivo, non avrei dubbi. Internet.

Anche se sono fra quelli che ancora hanno un rapporto fisico, quasi feticistico con la carta stampata (colleziono giornali antichi o storici e i più belli li trovate incorniciati nel corridoio di casa mia).

Ma Internet è un’altra cosa. La potenza del mezzo è ineguagliabile. Racchiude insieme le potenzialità della radio, della tv e della stampa. Aggiunge a tutto questo la ricerca personalizzata, con archivi praticamente infiniti e velocità di risposta supersoniche. E soprattutto, ora che c’è il web 2.0, aggiunge in tempo reale il feedback di chi sta dall’altra parte, consentendo l’avvio di una conversazione. Un dialogo. Da pari a pari. Peer to peer. Che altro volere?

Internet poi, in quanto piattaforma di comunicazione, anzi, “la più grande piattaforma di comunicazione che l’umanità abbia mai avuto” come dice Cory Doctorow, è una straordinaria opportunità per l’economia:

per le aziende e i consumatori perchè migliora i servizi, migliora i prodotti, e fa un miracolo, riduce insieme i costi e i prezzi aumentando i profitti.

e per i privati, perché consente di cercare lavoro ovunque, mettendosi in vetrina o entrando in contatto senza la classica lettera imbustata; ma consente anche di inventarselo, un lavoro. Non bisogna sapere di informatica per inventarsi un servizio nuovo da fare con la rete. Aprire un negozio virtuale è molto più facile e meno costoso che con un negozio reale.

Ma anche qui, la differenza fra reale e virtuale io non la vedo più da tempo. Sono reali tutti e due. Solo che il secondo ha molto più futuro.

Internet, lo dico sapendo come suoni roboante e quindi eccessivo, è un patrimonio dell’umanità.

Se oggi dovessi buttare giù i punti di un manifesto, come qualche amico che mi sopravvaluta mi suggerisce di fare, inizierei così

Internet è un patrimonio dell’umanità.

Dovrebbe occuparsene l’Unesco per tutelarla.

Internet è la speranza di parlarsi e capirsi fra popoli lontani, superando odi e pregiudizi,

Internet è la possibilità di uscire dalla povertà per i paesi in fondo alle classifiche di reddito, grazie a nuovi modelli di business.

Internet è l’obiettivo di una democrazia più giusta e partecipata per tutti.

Ma oggi internet in Italia è visto come una minaccia e non come una risorsa. Un pericolo e non una opportunità di crescita.

E’ il luogo della pornografia, della pedofilia, dove stanno i gruppi di mafiosi e quelli che vogliono uccidere Saviano. E’ un posto di pirati che beffano il diritto d’autore facendo saltare le aziende discografiche, editoriali e cinematografiche.

Non sto esagerando. Per la politica italiana questo è oggi internet. E lo stesso vale per la comunicazione. Oggi per fare notizia su internet devi parlarne male. Annunciare un provvedimento restrittivo, punitivo. Inventare un allarme sociale.

(L’altro giorno un amico ha voluto fare un prova e ha lanciato una fantomatica giornata senza internet promossa da un comitato contro la net dipendenza. La bufala in poche ore è finita sulla home page dell’Ansa tra le notizie più importanti. Ci vuole poco a fare notizia parlando male della rete).

Ma intanto se la prendono con i gruppi proRiina su Facebook come se il problema fosse la rete. E non il fatto per esempio che nella vita reale esiste la mafia. Che a Casal di Principe davvero in tanti vorrebbero vedere Roberto Saviano morto. Davvero, non su Facebook dove peraltro trovare e punire questi criminali è facile facile. Si individua l’IP, l’indirizzo del computer che ha aperto la pagina incriminata, e si trova il colpevole. Finito.

Battere la mafia è molto più difficile, forse per questo la politica si accontenta di battere Facebook. O youTube.

Con l’aiuto di un po’ di amici che da sempre si occupano di questi temi, ho provato a mettere ordine in quello che sta succedendo. E ho stilato questo elenco, provvisorio perché quasi ogni giorno si allunga.

1) La settimana prossima la Camera dei deputati esamina il decreto sicurezza già approvato al Senato. Quello delle ronde e dei medici che possono denunciare i clandestini. Naturalmente c’è un articolo su internet. Il 60, frutto dell’emendamento del senatore Udc D’Alia. In sostanza mette internet, anzi gli internet provider, sotto il controllo diretto del ministero dell’interno e non della magistratura. Se passerà, e io spero con tutto il cuore che venga ritirato, spetterà al ministro stabilire se ci sono pagine che istigano alla violenza o alla delinquenza e ordinare la cancellazione della pagina e la chiusura del sito. Teoricamente basta un commento violento in un blog. O un post che inviti a non pagare il canone Rai. E il tutto lo decide il governo non un magistrato. Questo apre un problema di controlli preventivi gigantesco: chi lo fa il monitoraggio in tempo reale di tutto quello che viene uplodato sulla rete? E apre un problema di criteri non meno importante: una pagina per inneggiare a Mussolini, per esempio, si può fare o no? Vale la Costituzione o la sensibilità del governo in carica?

2) In aula sta per arrivare la proposta di legge Carlucci, che vieta i contenuti anonimi in rete. Su come sia nata, sono stati scritti infiniti post. Una proposta antipirateria spacciata per antipedofilia scritta di nascosto dal presidente dell’associazione di categoria dei video.

3) Depositata anche la proposta Barbareschi che punisce col bando da internet chi scarica contenuti non rispettando il diritto d’autore.

4) E’ atteso il deposito della proposta di legge contro i siti che inneggiano ad anoressia e bulimia (sarebbero nientemeno che 300 mila).

5) Il Comitato antipirateria di palazzo Chigi ha esaurito il suo giro di consultazioni e dovrebbe presentare una proposta per eliminare il fenomeno della pirateria. Non c’è da stare ottimisti a leggere i resoconti perché il presidente del comitato, Mauro Masi, quando parla mette assieme le borse finte di Vuitton vendute sotto il Duomo, le magliette Lacoste taroccate e lo scarico di un file mp3. Arrivando ad una cifra, quella del danno da pirateria, che è dieci volte quella stimata negli Usa. Stiamo esagerando?

6) Il ministero dell’Interno sta trattando con Skype per farsi dare la chiave per intercettare anche le telefonate Voip.

7) Infine il ministero della Giustizia ha annunciato un provvedimento per mettere sotto controllo i siti tipo youTube. “E’ difficile ma ci stiamo lavorando” ha garantito il ministro in un incontro con degli studenti.

Il problema non è difendere l’illegalità, ma capire cos’è davvero la rete. E non è un problema solo italiano. In Francia si parla e si litiga sulla cosiddetta legge three strikes, che dovrebbe ispirare la nostra legge antipirateria. Giovanni de Mauro sull’ultimo Internazionale ha raccontato un episodio illuminante. Una lezione, come la chiama lui. Lo cito integralmente.

“Che sia possibile nel 2009 far votare ai parlamentari, di destra e di una parte della sinistra, una legge indegna come quella oggi in discussione è un ulteriore segno che le elite politiche ed economiche di questo paese non capiscono nulla di giovani, di tecnologia e di cultura”… Sono le parole di Jaques Attali, intellettuale ed economista, a lungo consigliere di Mitterand. Nel suo blog Attali ha attaccato il progetto di legge che vuole impedire il download gratuito di musica e film. L’ha definito “scandaloso e ridicolo”. perché applica una norma sul diritto d’autore che risale al diciottesimo secolo. Bisogna trovare nuovi modi. Nei commenti al suo post un anonimo lettore ha scritto: “Sono un musicista indipendente, lei avrà l’autorità morale per dare lezioni sulla gratuità, solo quando avrà messo gratis su internet tutti i suoi libri”. Il giorno dopo Attali l’ha fatto: i 50 saggi che ha scritto negli ultimi trent’anni, sono online a disposizione di tutti”.

Ultima arriva l’Inghilterra dove il governo vuole avviare un monitoraggio di tutte le conversazioni sui social network, costringendo i siti a tenerne memoria per due anni.

Ma io dico: con la crisi che sta mettendo in ginocchio un sistema e un modello, non solo economico, ma culturale, non abbiamo niente di meglio da fare? Strano che nell’anno in cui gli Stati Uniti sono governati dal primo presidente wired della storia, eletto anche grazie a internet, qui si alzino barricate. Invece di investire. Come ci avevano promesso. Qualche anno fa un partito politico nostrano fece delle tre i l’asse della sua vincente campagna elettorale: inglese, impresa e internet. Dell’inglese si sono perse le tracce, le imprese non so, ma internet invece qui pare che lo vogliano chiudere. O depotenziare. Quando invece ci sarebbe bisogno di un vero piano di investimenti. Per esempio dare un computer per ogni studente, magari in leasing, e poi una rete a banda larga per tutti, tariffe accettabili, neutralità della rete. Ci sarebbe bisogno di qualcuno che capisse che Internet è l’opportunità per far entrare l’Italia e gli italiani nel futuro. Non scatenare inutili allarmi sociali.

Allora che fare? Iniziare a dirlo. Io amo internet. In ogni occasione. Sui nostri blog, ma anche nei convegni, nelle occasioni pubbliche. E organizzarsi. Per farci sentire. Oggi sulla rete si parla quasi solo di questo. Eppure sui giornali, sulle radio e sulle tv questo tema è assente. Dobbiamo farci sentire, far capire che la rete è importante. Perché magari, è la tesi di qualcuno, non sono cattivi quelli che legiferano. Sono solo ignoranti. Non sanno di non sapere.

Qualche giorno fa con alcuni amici ci siamo visti a cena per iniziare a parlare di queste cose. Ne è nato un gruppo di discussione di google, un sito internet, un logo. Ancora nulla. Ma sarebbe bello se questa cosa potessa crescere, con il passaparola, proprio come avviene sulla rete per le cose che funzionano. E potesse diventare così forte da far sentire la sua voce. E far far a tutti un passo avanti. E alle leggi sbagliate o frettolose che stanno discutendo, un passo indietro.

Chiudo con una frase che ho letto in una intervista un paio di mesi fa: “La più grande invenzione del secolo scorso? E me lo chiede? Internet”. Non lo ha detto un pericoloso blogger o un pirata, ma Rita Levi Montalcini.

di riccardo luna

Commenti

Etichette

Mostra di più