Cecilia

Non è tanto il romanzesco resoconto del suo martirio, che come molti del suo genere (le Passiones) è probabilmente da attribuire alla fantasia di monaci medievali reclusi che un migliaio d’anni prima di Sade si dilettavano in racconti di Sante (vergini) scuoiate, Sante (vergini) accecate coi tizzoni, Sante (vergini) dai seni mozzati, Sante squartate e così via. Cecilia, tra le altre cose, viene decapitata per tre volte, ovvero per tre volte il boia ci prova e tzoong! la lama rimbalza, ma no, non è con trucchi del genere che è resistita sul calendario. Accade però che l’antifona della Messa in suo onore reciti: “Mentre gli strumenti venivano scaldati (candentibus organis), la vergine Cecilia in cuor suo pregava per il Signore soltanto, dicendo: fa’ sì o Signore che il mio cuore e il mio corpo restino immacolati affinché io non sia confusa”. Dal contesto dovremmo capire che “gli strumenti” (organis) che venivano scaldati sono quelli di tortura. Però si sa cosa succede ai testi delle canzoni, a furia di cantarle: perdono il loro senso. Così a un certo punto qualche pittore comincia a raffigurare Cecilia accanto a un organo. Nelle versioni più recenti, infatti, lo stesso inno non dice più candentibus organis (“strumenti incandescenti”), ma “cantantibus organis”: organi che suonano. E anche Cecilia in fondo “decantabat”, che può significare “recitava le preghiere”, ma più tardi anche “cantava”, insomma a un certo punto (fine medioevo?) la scena sadica di gusto tardoantico si trasforma in un provino musicale, gli organi suonano e Cecilia canta, oh Lord show me the way. Da lì a patrona della musica il passo è breve; se ti ritraggono sempre con una tastiera nei pressi, insomma, un motivo ci sarà. Saprai suonarla, o no? O almeno saprai cantare.

You’re breaking my heart - Leonardo Tondelli

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