Dick

Nella malattia mentale, in compenso, si considerava come una specie di autorità, come testimonia con una preoccupazione di esaustività quasi parodica il quadro clinico tracciato dal suo romanzo del 1963, Clans of the Alphane Moon. Questa luna alfana serviva all’origine da centro di accoglienza per i coloni terrestri affetti da turbe psichiche, ma una guerra poi la distaccò dal pianeta-madre, di modo che i malati mentali, abbandonati a se stessi da due generazioni, vi fondarono una società di clan, paragonabili al sistema delle caste indiane: ci sono i Mansi, maniaci, dominatori, aggressivi, che dall’alto della loro città, Da Vinci Heights, esercitano la loro imperiosa autorità; i Para, paranoici, sottili politici e strateghi, trincerati dietro mille sistemi di protezione nel loro bunker di Adolfville; i Dep, maniaco-depressivi, che se ne stanno da soli nell’oscura città di Cotton Mather; i Man, maniaco-ossessivi, fra i quali si reclutano i funzionari del pianeta; i Poli, schizofrenici polimorfi che rallegrano con il loro capriccioso genio creativo il loro piccolo villaggio, Hamlet-hamlet; gli Schizo, poeti e visionari erranti; infine, infondo alla scala, gli Eb, ebefrenici vegetativi, che marciscono nella sporcizia di Gandhitown, nonostante contino nei loro ranghi dei santi dagli elevati poteri psichici. Dick si era riproposto in questo romanzo di comparare i meriti delle diverse psicosi dal punto di vista della sopravvivenza e, come esigevano anche le tendenze del tempo, tracciò un bilancio largamente positivo: la società alfana funziona piuttosto bene; differisce appena dalla nostra, dove ciascuno, anche se ufficialmente sano di mente, può essere inserito in una o in un’altra di quelle categorie cliniche. Del resto si procede a questa classificazione, come a una formalità doganale, appena cominciano ad arrivare dei visitatori terrestri, e i risultati dei test mostrano fino a che punto le persone sedicenti normali conoscano male se stesse.

Emanuel

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