L'uomo è un mistero

Dostoevskij, in una lettera inviata al padre nell’agosto del 1839, scrisse: «L’uomo è un mistero. Un mistero che bisogna risolvere, e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo, non dire che hai perso tempo; io studio questo mistero perché voglio essere un uomo». E Dostoevskij è stato un grande uomo proprio perché, senza mai fermarsi, si è spinto alla ricerca di quell’essenza che caratterizza tutto ciò che ha una volontà. Così, in ogni suo scritto, si è calato sempre più a fondo nelle profondità umane, andando spesso al di là della metafisica, della morale, della scienza stessa. Ed è giunto ad un qualcosa che non può essere rimandato ad un stringa, ad un codice binario o ad uno schema logico basato su A e B, perché tutto ciò non è predeterminato da degli assiomi di partenza fissi, e molto banalmente questa risposta è l’«amore» che è il trionfo della logica paraconsistente, ovvero l’apertura di tutte le infinite possibilità e le sue relative contraddizioni, che permettono di andare oltre gli schemi. Un concetto così profondo che non è mai stato del tutto compreso dalla mente umana; un concetto che, schopenhauermente parlando, combacia strettamente con il cerchio della vita. Con la parola «vita», però, qui non s’intende quell’arco temporale che culmina con la morte, che è appunto un cammino che consiste nell’allontanamento dalla vita stessa, ma con l’atto di nascita, che sancisse il momento più vicino alla perfezione, all’Uno di cui parlava Plotino.
La bellezza salverà il mondo, ma la bellezza è l’amore e dunque la vita. Dostoevskij scrive: «Attraverso i bambini l’anima guarisce» perché i bambini sono ciò che più si avvicina alla perfezione, sono la sintesi che porta avanti il processo dialettico, il rinnovamento dello spirito dell’umanità. Vivere con i bambini e ritornare ad esserlo, al costo di sembrare «idioti», perché essi sono privi di preconcetti, di pregiudizi, di catene mentali. Non più essere sospinti dalla volontà di potenza, da una logica solipsista ed edonistica, ma portare avanti la volontà del fuoco hegeliana, sacrificandosi per le nuove generazioni e per accrescere quell’eterno bambino junghiano che è dentro di noi.

— Pierluigi Vizza

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