La straniera

Scrivere te stessa significa ricordare che sei nata con rabbia e sei stata una colata lavica densa e continua, prima che la tua crosta si indurisse e si spaccasse per lasciare affiorare una specie di amore, o che la forza inutile del perdono venisse a levigarti e ad appiattire ogni tuo avvallamento. Rileggere te stessa significa inventare quello che hai passato, individuare ogni strato di cui sei composta: i cristalli di gioia o di solitudine sul fondo, le conseguenze di una memoria che è evaporata, tutto ciò che è stato scavato e poi inondato, solo per renderti conto che non è vero che il tempo guarisce: c'è una frattura che non verrà mai riempita. L'unica cosa che fa il tempo è portare con sé polvere ed erbacce, in modo che quella crepa venga ricoperta fino a trasformarsi in un paesaggio diverso, lontano, quasi fiabesco, in cui si parla un idioma che non conosci più, credibile come l'elfico. Passeggi sulle rovine della tua famiglia e ti accorgi che alcune parole sono state cancellate ma altre sono state salvate, alcune sono sparite mentre altre faranno sempre parte del tuo riverbero, e poi finalmente arrivi al margine di tuo padre e di tua madre, dopo anni in cui hai creduto che morire o impazzire fosse l'unico modo per essere alla loro altezza. E lì capisci che tutto nel tuo sangue è un richiamo, e tu sei solo l'eco di una mitologia anteriore.

Claudia Durastanti

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