L' "Onore" della X Mas...

Dicono gli storiografi e gli apologeti della Decima Mas che questo Corpo non fu mai collaborazionista né fascista, ma che i suoi militi furono sempre e solo italiani ed indipendenti dal nazismo, e che il loro comandante, il principe nero1 Junio Valerio Borghese (il futuro aspirante golpista) fu sempre malvisto dai nazisti perché operava per amor di Patria e non si adeguava ai loro ordini.

Premesso che nel primo anniversario dell’armistizio (8/9/44) Borghese fu decorato dalla Croce di Ferro tedesca di 1^ classe (aveva già ricevuto nel 1942 la Croce di Ferro di 2^ classe, onorificenze che notoriamente i nazisti conferivano a tutti quelli che non collaboravano con loro ma combattevano “solo per l’Italia”), vediamo ora come ciò che i fanatici seguaci della Decima vantano quale “onore”, in linguaggio tecnico dovrebbe chiamarsi piuttosto “insubordinazione” o “alto tradimento”, in quanto gli ufficiali del Corpo invece di obbedire agli ordini dello Stato Maggiore dell’Esercito del governo legittimo, avevano deciso di mettersi agli ordini neppure del governo golpista di Salò, che quantomeno era italiano, ma addirittura della potenza straniera che occupava l’Italia.Da buon principio «nei giorni successivi all’8 settembre, nella base navale di La Spezia fu ammainato il tricolore e issata la bandiera della Decima Mas» e Borghese inviò il seguente messaggio all’esercito germanico «... congedato oggi personale inaffidabile, offresi collaborazione»Tale “collaborazione” (con i tedeschi, ribadiamo) si concretizzò nella firma (14/9/43) di una “convenzione”, bilingue in quanto redatta in italiano e tedesco, firmata da Borghese e da Max Berninghaus, allora comandante della Marina germanica per il litorale ligure, che così recitava:

1) La Decima Flottiglia Mas è unità complessa appartenente alla marina militare italiana, con completa autonomia nel campo logistico, organizzativo, della giustizia e disciplina, amministrativo.2) È alleata alle FF. AA. Germaniche con parità di diritti e di doveri.3) Batte bandiera da guerra italiana.4) È riconosciuto a chi ne fa parte il diritto all’uso di ogni arma.5) È autorizzata a ricuperare e armare, con bandiera ed equipaggi italiani, le unità italiane che si trovavano nei porti italiani; il loro impiego operativo dipende dal Comando della Marina germanica.6) Il comandante Borghese ne è il capo riconosciuto, con i diritti e i doveri inerenti a tale incarico

In pratica la Decima, battendo bandiera da guerra italiana, metteva a disposizione dell’esercito germanico (occupatore) le unità italiane che “recuperava” (portandole via alla Regia Marina, si desume, quindi al legittimo Stato italiano); e pur nella sua “autonomia”, aveva “parità di diritti e doveri” con l’occupatore germanico di cui era alleata. E la correttezza della Decima nei confronti di questo alleato è così descritta dalla studiosa Sole De Felice, quando ci spiega come «si cominciarono a recuperare armi, munizioni, automezzi e vestiario con metodi spesso sbrigativi ed avventurosi ma estremamente efficaci. A volte si trattava di spregiudicati colpi di mano (...) ai magazzini Beretta si presentarono dei marò con del vino che coinvolsero l’intero corpo di guardia tedesco in una grande ubriacatura, mentre altri marò sottraevano centinaia di fucili mitragliatori e casse di munizioni (...) a volte si ricorse alla borsa nera e al contrabbando4». E lungi dal valutare che questi marò erano militari che derubavano i propri alleati, frodavano e contrabbandavano, l’autrice invece chiosa: «l’ingegnosità italica unita ad una ferma volontà, ottenne che tutto il corpo fu costituito con armi, uniformi e mezzi italiani»Curiosa interpretazione da parte di chi si alleò “con pari diritti e doveri” al “nemico invasore dell’Italia” e riteneva “nemici attivi della patria” coloro che combattevano contro i nazisti ed i loro alleati collaborazionisti.Tale concezione comunque si materializzò in una serie di operazioni di repressione antipartigiana e di rastrellamenti (molti i civili) soprattutto nel Piemonte ed al confine orientale, zone che i nazisti consideravano Banditengebiet per la presenza di una resistenza diffusa e quindi vi inviarono una maggiore quantità di reparti, utilizzando anche quelli della Decima Mas.

Il comportamento repressivo della Decima nei confronti di altri italiani è bene esplicitato nella foto che pubblichiamo sotto, dove si vede il giovane partigiano biellese Ferruccio Nazionale impiccato il 9/7/44 ad Ivrea, perché «aveva tentato con le armi di colpire la Decima», in quanto combatteva per un’Italia libera ed antifascista.Ricordando che uno dei peggiori aguzzini della Decima Mas fu il sottotenente Umberto Bertozzi, che per avere diretto rastrellamenti, ordinato esecuzioni, torturato bestialmente i prigionieri fu condannato a morte.nel 1947 ma successivamente graziato, condonato, amnistiato (la sua figura criminale ispirò il monologo “Mai morti” di Renato Sarti7), elenchiamo alcuni dei crimini perpetrati dalla Decima assieme ai nazisti.

17/3/44, Valmozzola (PR): 7 prigionieri fucilati per rappresaglia dopo essere stati seviziati. 30/3/44, Raune di Gargaro (Grgavske Ravne, nell’allora provincia di Gorizia, oggi Slovenia): reparti della Decima e delle SS sorpresero 23 militari italiani disarmati e, dopo avere impiccato l’unico ufficiale, falciarono gli altri 22 a raffiche di mitra assieme a 10 anziani del paese.13/6/44, eccidio di Forno (MS): 8 persone furono uccise durante l’assalto al paese che era stato liberato dai partigiani; 10 furono bruciate nella caserma dei Carabinieri, 54 i fucilati tra i quali il maresciallo accusato di avere “fraternizzato” coi partigiani e 400 civili deportati.13/8/44, Borgo Ticino (NO): dopo un’azione partigiana i nazisti avevano dato ordine di fucilare 4 italiani per ogni tedesco ucciso, ma il comandante locale della Decima Ongarillo Ungarelli ne aggiunse altri di propria iniziativa e fece fucilare 13 ostaggi; nel corso della stessa rappresaglia furono date alle fiamme 75 abitazioni. Il 1° novembre successivo sempre Ungarelli ordinò la fucilazione di 5 partigiani e l’arresto di 20 civili a Castelletto Ticino (PV).24/8/44 a Guadine (MS): 13 persone uccise, incendiati i paesi di Gronda, Redicesi e Resceto. 28/4/45, Crocetta del Montello (TV): 6 partigiani uccisi per rappresaglia dopo atroci torture.

Relativamente al Friuli un breve cenno ai reparti della Decima usati per la repressione antipartigiana all’interno della caserma Piave di Palmanova (UD), dove furono massacrati decine di antifascisti, tra i quali il maestro Alessandro Moraitti, linciato dagli uomini degli NP, i Nuotatori Paracadutisti comandati dal triestino Nino Buttazzoni; ed un altro accenno al contributo dei reparti della Decima nel rastrellamento che mise fine alla zona libera della Carnia (1944) provocando 300 morti e migliaia di sfollati. Non entriamo nei particolari, perché relativamente al confine orientale basti dire che fu lo stesso comandante del gruppo Gamma (gli uomini rana della Decima specializzati nel piazzare mine marittime sotto le navi nemiche) Eugenio Wolk che nell’aprile 1945 spiegò al suo commilitone Antonio Marceglia (la medaglia d’oro che aveva partecipato all’affondamento della Queen Elizabeth prima dell’armistizio, che fu protagonista nel marzo 1945 di una missione congiunta dei servizi angloamericani e della Marina italiana «al fine di concretare un piano combinato di difesa della Venezia Giulia» con Decima Mas e Sicherheits Dienst) che il motivo del ritiro dei reparti della Decima Mas dalla Venezia Giulia era da ricercarsi nel comportamento dei medesimi che era stato «così cattivo che la popolazione stessa ha chiesto alle autorità tedesche il loro allontanamento»

Parliamo invece del capitano Beniamino Fumai, che comandò il battaglione Sagittario della X Mas: «copertosi d’infamia» nel periodo repubblicano specialmente nelle zone d’Ivrea e Novara, responsabile di rastrellamenti, uccisioni ed atti d’inaudita ferocia, fu condannato all’ergastolo9. Nei fatti, «esisteva un gruppo che si chiamava Mai Morti ed era composto da 43 ragazzi triestini e pugliesi, in divisa grigioverde, che arrivarono a La Spezia dal Lago Maggiore. Erano comandati da un ragazzo barese, alto e atletico, fama di ballerino e bevitore: Beniamino Fumai, uno che da giovane aveva militato nelle squadre d’azione e poi, dopo l’8 settembre, si era messo a capo di una specie di corte dei miracoli, dando ai suoi il permesso di fare razzia quando andavano a catturare gli antifascisti o a perquisirne le case. Li aveva tenuti a battesimo Christian Wirth il tedesco che stava alla Risiera di San Sabba. Avevano girato per l’Italia settentrionale, con le divise della Decima Mas, e una loro base era a Verbania. Dopo tante, troppe violenze, quel gruppo venne sciolto dagli stessi nazisti il 10/5/44»10. I “Mai Morti” si riciclarono nel battaglione Sagittario della Decima, che si spostò sul confine orientale per combattere assieme agli NP di Buttazzoni, che avevano sede a Jesolo ma, come abbiamo visto, operavano anche nella Venezia Giulia in funzione di repressione antipartigiana.

A fianco dei nazisti nella battaglia di Anzio combatterono gli uomini del Barbarigo, mentre successivamente sulla linea gotica nella zona veneto-romagnola furono utilizzati gli NP.Al confine orientale, oltre che nel Friuli contro i partigiani del luogo, unità della Decima (Sagittario, Barbarigo, Lupo ed un’aliquota degli NP) furono utilizzati assieme a reparti SS contro l’Esercito di Liberazione Jugoslavo, come nella Selva di Tarnova nel gennaio 1945, quando subirono una pesante sconfitta, in base alla quale ancora oggi sostengono di essersi sacrificati per l’italianità di Gorizia (va detto che la zona di Tarnova non è mai stata territorio etnicamente italiano, semplicemente fu annessa all’Italia dopo la prima guerra mondiale), mentre di fatto combattevano per il nazifascismo.Reparti della Decima non furono utilizzati solo per la lotta contro i partigiani, ma furono addestrati per essere inviati al Sud in missioni “oltre le linee” allo scopo di destabilizzare le zone dell’Italia liberata: così alcune squadre degli NP addestrate a Montorfano sul lago di Como come Gruppo Vega agli ordini del tenente Rodolfo Ceccacci. Al Sud inoltre andarono in missione nella primavera del 1944 i sabotatori Bartolo Gallitto (autore della prefazione al citato studio di Sole De Felice) e Gino Locatelli, che dovevano incontrarsi con un altro principe nero, il calabrese Valerio Pignatelli di Cerchiara, che aveva organizzato, dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la resistenza fascista nell’Italia liberata (la Guardia ai Labari). Pignatelli teneva i contatti tra la RSI a Roma ed i fascisti rimasti al Sud, creò una rete in Calabria e collegamenti con la Sicilia tramite elementi della Decima Mas e la “banda” di Salvatore Giuliano: quando però Gallitto e Locatelli giunsero al Sud egli era già stato arrestato dagli Alleati e pertanto i due sabotatori presero direttamente contatto con Giuliano11.

E scrive lo storico militare Daniele Lembo che «il gruppo di Nuotatori Paracadutisti comandati da Ceccacci non effettua solo missioni a carattere informativo, tese ad accertare la consistenza e l’ubicaione delle forze armate avversarie o a contattare agenti oltre le linee, ma anche azioni da guastatori e di sabotaggio, azioni in territorio italiano invaso (sic: l’autore intende con questo termine le zone liberate dagli Alleati, n.d.r.), eseguite si in divisa che in borghese»12.

Nel frattempo però la Decima Mas conduceva anche un altro gioco parallelo. Leggiamo le parole di Peter Tompkins, che operò agli ordini dell’OSS (la futura CIA) in Italia durante il conflitto.

«Ma la cosa disgraziata che è successa è che altri dell’OSS sono arrivati, specie del controspionaggio, e con una mano mandavano avanti gli agenti democratici e con l’altra hanno salvato la Decima Mas con Valerio Borghese, per costituire poi con loro “Gladio”, per fare la guerra anticomunista e, con il generale Wolff capo delle SS, salvare i nazisti in Germania. Perché questi avevano la trista idea che il comunismo staliniano si doveva combattere con il fascismo o con il neofascismo, invece di combatterlo con la saggia democrazia».

Così, chiosa l’ex agente, ad un certo punto nell’OSS si creò una situazione paradossale: la sezione da cui dipendeva l’ORI13 stava lavorando per armare e sviluppare un ampio movimento di resistenza nel Nord al fine di gettare le basi della democrazia in Italia, mentre l’X-2 (il controspionaggio) era occupato a salvare e riorganizzare forze clandestine fasciste con le quali contrastare la minaccia di una presa di potere dei comunisti nell’Italia liberata14.

Fu probabilmente grazie a questo bipolarismo militare che gli ufficiali della Decima Mas nel dopoguerra se la cavarono piuttosto a buon mercato. Il comandante degli NP Nino Buttazzoni, mentre era ancora in clandestinità perché ricercato per crimini di guerra, fu contattato dal triestino Bruno Uberti-Huppert, che lavorava nel settore dell’OSS di J. J. Angleton che si era occupato di “riciclare” nazifascisti in funzione anticomunista e gli propose di arruolarlo per «combattere contro i titini per l’italianità di Trieste» (che all’epoca era sotto amministrazione angloamericana, peraltro). Buttazzoni rifiutò tale proposta perché i suoi commilitoni languivano nei campi di prigionia angloamericani15 ma tale circostanza non gli impedì comunque di accettare di lavorare per Angleton, nell’aprile del ’46, con lo pseudonimo di “ing. Cattarini” perla costituzione dell’ECA (Esercito Clandestino Anticomunista) e dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, nel quale operò col grado di “colonnello” anche Salvatore Giuliano). E l’ex comandante degli NP, pur in clandestinità, fece sfilare in quel periodo duecento uomini al Parco del Pincio, aggiungendo, nel suo libro di memorie, «Sono momenti in cui per molti Repubblica significa comunismo e la nostra scelta non ha incertezze. Abbiamo armi e depositi al completo. Faccio contattare anche alcuni NP del sud»16. In pratica, non al servizio dell’Italia, ma di qualunque altro padrone, purché anticomunista.

Buttazzoni fu arrestato nel 1947, mentre assisteva ad un’udienza del processo a Borghese; rimase detenuto per tre anni ma poi prosciolto e nel 1951 fondò una società di recuperi navali assieme ad Antonio Marceglia ed a Gianni Makaus, che Marceglia indicò come «capitano dell’OSS» di stanza a Trieste durante il conflitto17.E subito dopo la fine del conflitto i vertici dell’Esercito avevano deciso di “non discriminare” un gruppo di 18 ex membri del gruppo Gamma di Eugenio Wolk, tra i quali lo stesso comandante: furono assunti con ordinanza del 26/9/45 dal Comando Marina Alleato di Venezia per il proprio Centro esperienze allo scopo di affidare loro il compito di bonificare il porto di Venezia18.Ma parliamo ora del comandante in capo, il principe Borghese, che alla fine del conflitto abbandonò i propri militi per farsi portare in salvo dai dirigenti dell’OSS che lo riciclarono in funzione anticomunista, così come avvenne per molti altri esponenti nazisti, militari e non.

Borghese era stato condannato a morte dalla Resistenza per i crimini (le feroci repressioni e rappresaglie contro partigiani e contro civili) commessi dal corpo da lui comandato, ma fu fatto esfiltrare da Milano a fine aprile 1945 con un’operazione mista OSS e del SIC della Marina (nella persona di Carlo Resio, che aveva in precedenza accompagnato Marceglia nella sua missione al Nord): Borghese fu vestito da ufficiale statunitense e condotto a Roma personalmente da James Jesus Angleton, che lo consegnò ad Ellery Stone, il capo della Commissione di controllo alleata.

Detenuto dapprima a Cinecittà dagli anglo-americani, sarebbe stato (secondo le sue memorie) rilasciato da essi in ottobre e «richiesto dalle autorità italiane che mi inviarono senza indugi al bagno penale di Procida»19: ciò farebbe pensare ad una continuità detentiva del principe, mentre in un documento analizzato da Casarrubea (datato 14/12/45) leggiamo ben altro.«Si riferisce che il principe Borghese, un tempo comandante della Decima Mas, è stato recentemente a Udine e indossava un’uniforme americana. Si è poi recato a Tarcento (Friuli) dove ha contattato i membri della banda Spollero. La banda Spollero era una banda armata guidata dal fascista repubblicano Spollero, nativo di Remanzacco, elemento che si è rifugiato sulle montagne di Tarcento dopo la disfatta della RSI»20.

Borghese fu sottoposto a processo tra il 1947 ed il 1949 (già in istruttoria era stato prosciolto dall’accusa di crimini di guerra) per avere permesso ai suoi uomini di avere operato eccidi e per il reato di collaborazionismo; su questo punto furono convocati diversi testi a difesa tra i quali il suo ex commilitone Antonio Marceglia, l’ex Comandante dei Servizi della Marina ammiraglio Agostino Calosi e l’ex maestra Maria Pasquinelli (che era stata agente della Decima e che era all’epoca detenuta in quanto condannata all’ergastolo per avere assassinato il brigadiere generale britannico Robin De Winton a Pola il 10/2/47, in segno di “protesta” per la firma del Trattato di pace). Questi testimoniarono sul fatto che Borghese, in quanto comandante della Decima Mas, aveva approvato ed incoraggiato le trattative svoltesi tra la Decima e la Divisione Osoppo (sotto la supervisione dei servizi britannici) in funzione antijugoslava ed anticomunista: e queste dichiarazioni contribuirono sicuramente a mettere in buona luce l’imputato, che alla fine fu condannato ad una pena piuttosto mite ed immediatamente scarcerato.

Una buona sintesi dell’iter giudiziario ci viene dalla seguente lettura.

«Il processo Borghese costituisce un mirabile esempio dello stato della giustizia italiana e dei suoi atteggiamenti verso gli ex-gerarchi fascisti: la corte (presieduta dal dott. Caccavale, un vecchio amico di famiglia dei Borghese, e composta da noti fascisti come Silvio Mollo e Diego De Mattia) riuscì nella difficile impresa di condannare Borghese a una pena per cui lo si poté mettere in libertà alla fine del processo. A tanto risultato si arrivò per gradi: a) in considerazione degli atti di valore compiuti in guerra venivano concessi i benefici previsti dall’art. 26 del Cpm e veniva evitato l’ergastolo- b) un’altra attenuante venne riconosciuta all’imputato per aver egli contribuito a “salvare le industrie del Nord, attenuare i rigori dell’occupazione militare tedesca in Friuli-Venezia Giulia ed aver prestato opera di assistenza nei campi di concentramento nazisti” (sic!)- c) una terza riduzione di pena si otteneva applicando l’indulto del 1946 (5 anni) e quello del 1948 (4 anni)- d) restavano 9 anni di reclusione ma, in considerazione dei 3 anni di carcere già scontati, delle attenuanti generiche, della prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, ecc. anche questi potevano dirsi scontati. Tornato in aula il presidente per la lettura della sentenza un avvocato fece notare che il conto non tornava: per scarcerare immediatamente Borghese occorreva che la pena finale irrogata fosse di 8 anni e non di 9, perché diversamente il condono del ‘46 non avrebbe coperto tutto il periodo di carcerazione; il presidente rientrò in camera di consiglio, corresse la sentenza riducendo di un anno la pena e ricomparve in aula per dar lettura del nuovo dispositivo»21.

In tal modo il principe Borghese poté tornare in libertà e continuare con la sua attività politica più o meno eversiva, culminata nel tentato golpe del 1970, dopo il fallimento del quale dovette riparare all’estero, in Spagna, dove morì nel 1974. Perché la strategia della tensione che insanguinò il nostro Paese fino agli anni ’80 è figlia anche di queste mancate epurazioni.

1 Il termine “principe nero” sta ad indicare gli esponenti dell’aristocrazia romana legati al Vaticano.2 Jack Greene e Alessandro Massignani “Il principe nero”, Oscar Storia Mondadori 2008, p. 161.3 Il testo è riportato in Sole de Felice, “La Decima Mas e la Venezia Giulia 1943/45”, Settimo Sigillo 2000, p. 54.

4 «La X MAS riscuoteva una tangente di circa 10.000 lire dell’epoca per ogni camion di sale che partiva dalle saline di Trieste (probabilmente dell’Istria, n.d.r.)», leggiamo ne “La strage di stato- Vent’anni dopo” a cura di Giancarlo De Palo e Aldo Giannuli, Ed. Associate 1989, pag. 45.5 S. De Felice, op, cit., p. 61.

7 Il monologo, magistralmente interpretato da Bebo Storti, si trova in www.trax.it/olivieropdp/maratona/Sarti.htm.8 Si veda la relazione, firmata da Marceglia, nell’archivio desecrato della CIAhttps://archive.org/stream/PLANIVY- 0078/PLAN%20IVY_0078_djvu.txt.9 Nel quotidiano triestino La Voce Libera, 24/5/47.10 Dalla nota conclusiva del romanzo “La primavera dei maimorti”, di Piero Colaprico e Pietro Valpreda, Marco Tropea 2002, p.191.

11 G. Casarrubea e M. J. Cereghino, “La scomparsa di Salvatore Giuliano: Indagine su un fantasma eccellente”, Bompiani 2013, ma su queste connessioni consigliamo anche la lettura del blog del purtroppo prematuramente scomparso ricercatore Giuseppe Casarrubea, http://casarrubea.wordpress.com.12/ “I servizi segreti di Salò. Servizi Segreti e Servizi Speciali nella Repubblica Sociale Italiana”, Grafica MA.RO Editrice, 2001, p. 87-88.

13 Organizzazione Resistenza Italiana, comandata da Raimondo Craveri Mondo, genero del filosofo Benedetto Croce.14 Peter Tompkins, “Alle origini dell’ORI”, convegno svoltosi a Venezia 17-18/10/94, “Gli americani e la guerra di liberazione in Italia. OSS e la Resistenza italiana”, pubblicato nel 1995 a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, pag. 148-149.15 N. Buttazzoni, “Solo per la bandiera”, Mursia 2002, p. 121.

16 G. Casarrubea e M.J: Cereghino, “Lupara nera”, op. cit., p. 281.17 Nella già citata “Relazione” (https://archive.org/stream/PLANIVY-0078/PLAN%20IVY_0078_djvu.txt).18 Documento firmato dal colonnello del SIM Pompeo Agrifoglio, in qualità di dirigente dello Stato Maggiore dell’Esercito, che conclude asserendo che i 18 Gamma erano da considerarsi da quel momento «immuni da qualsiasi responsabilità per l’attività da essi finora svolta» (https://casarrubea.wordpress.com/2009/12/13/discriminati-e- immuni/).19 Nel testo curato da Mario Bordogna, “Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia Mas”, Mursia 1995, p. 226, che riporta il “diario” redatto da Borghese nel corso della sua detenzione, intercalato da note esplicative.

20 Il documento, conservato negli archivi britannici (National archives, United Kingdom (Na/Uk), f. War office (Wo) 204/12803, datato 14/12/45 ed intitolato: “Attività del principe Borghese”, indica quale fonte il SIM, cioè i servizi italiani (in https://casarrubea.wordpress.com/2008/07/31/le-matrici-golpiste-in-italia-antologia-di-documenti-top-secret-1945-47/).

Fonte http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2016/10/Lonore-della-Decima-Mas-1.pdf

Padri e Madri della Libertà

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