Enrico Cialdini

«ENRICO CIALDINI, NEL 1861 PLENIPOTENZIARIO A NAPOLI DEL RE VITTORIO II. IN QUEL SUO RAPPORTO UFFICIALE SULLA COSIDDETTA "GUERRA AL BRIGANTAGGIO", CIALDINI DAVA QUESTE CIFRE PER I PRIMI MESI E PER IL SOLO NAPOLETANO: 8 968 FUCILATI, TRA I QUALI 64 PRETI E 22 FRATI; 10 604 FERITI; 7 112 PRIGIONIERI; 918 CASE BRUCIATE; 6 PAESI INTERAMENTE ARSI; 2 905 FAMIGLIE PERQUISITE; 12 CHIESE SACCHEGGIATE; 13 629 DEPORTATI; 1 428 COMUNI POSTI IN STATO D'ASSEDIO.» CHI ERA ENRICO CIALDINI?

Nacque da Giuseppe, ingegnere, e Luigia Santyan y Velasco, di origine spagnola; si trasferì durante l'infanzia nella vicina Reggio Emilia. Studiò medicina fino al 1831 quando, coinvolto nei moti di rivolta dei ducati e della Romagna, fu costretto a emigrare prima in Francia poi in Portogallo, dove incominciò la carriera militare. In seguito combatté in Spagna nella prima guerra carlista contro la fazione monarchico legittimista, come il conterraneo Manfredo Fanti, col grado di colonnello. Sempre in Spagna conobbe e sposò, nel 1845, Maria Martinez de León. Rientrato in Italia nel 1848, nel corso della Prima guerra d'indipendenza servì nell'"Armata Sarda" sotto il generale Durando e i pontifici alla battaglia di Monte Berico (Vicenza) dove venne ferito. Rimasto nell'esercito sabaudo, partecipò al corpo di spedizione italiano alla guerra di Crimea col grado di generale. Nel corso della Seconda guerra d'indipendenza fu a Palestro nel 1859 e l'anno successivo all'assedio di Ancona, venendo promosso a Generale d'armata il 6 ottobre 1860, dopo l'importante vittoria sui pontifici ottenuta a Castelfidardo il 18 settembre, transitando attraverso Porta Rimini a Pesaro l'11 settembre. Proseguendo verso sud, alla guida del IV Corpo d'Armata, prese parte alla battaglia del Macerone, quindi alla battaglia del Garigliano e fu comandante all'assedio di Gaeta, al termine del quale gli venne conferito il titolo di Duca di Gaeta. Dopo l'assedio e la resa di Gaeta, nell'agosto 1861 Cialdini venne inviato a Napoli, con poteri eccezionali per affrontare l'emergenza del cosiddetto brigantaggio (pochi giorni prima, il 15 luglio, era stato nominato luogotenente del re Vittorio Emanuele II nelle province continentali dell'ex Regno delle Due Sicilie). In questa fase, comandò una dura repressione del fenomeno attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati. Con l'azione di Cialdini la lotta contro il brigantaggio raggiunse il risultato strategico principale, cancellando le premesse per una possibile sollevazione generale delle province meridionali. Con estrema severità, non solo contro i briganti stessi, ma anche contro la popolazione accusata di appoggiarli, il generale poté annientare completamente il brigantaggio, tanto più che il fenomeno aveva perso il sostegno dei Borbone in esilio e al contempo suscitato l'ostilità popolare contro quella forma di crudo banditismo. Cialdini dovette affrontare anche i fatti di Pontelandolfo e Casalduni. Tale episodio si verificò in seguito all'uccisione e mutilazione di 45 militari del neo costituito esercito italiano (un ufficiale, quaranta bersaglieri e quattro carabinieri) per opera di alcuni briganti e di contadini del posto che li avevano fatti prigionieri. Il Regio Esercito riprese il controllo del territorio e il 14 agosto 1861 i due piccoli centri vennero dati alle fiamme e distrutti per rappresaglia. Eletto deputato al primo (1860) e al secondo (1861) parlamento italiano nella circoscrizione di Reggio Emilia, il 13 marzo 1864 venne nominato senatore da Vittorio Emanuele II di Savoia. Nel 1869, venne nominato da Vittorio Emanuele II ambasciatore speciale in Spagna, al fine di favorire un esponente della Casa Savoia al trono vacante (successione spagnola del 1870). Il tentativo ebbe successo il 6 novembre del 1870, quando le cortes designarono Amedeo d'Aosta quale nuovo re di Spagna, con il titolo di Amedeo I di Spagna. All'abdicazione di Amedeo, l'11 febbraio del 1873, Cialdini passò ad ambasciatore italiano in Francia fino al 1881, quando prese definitivo congedo dalla vita politica. Alla morte, fu sepolto nel cimitero Suburbano di Pisa. La figura di Enrico Cialdini, lungamente considerata eroica dalla storiografia risorgimentale, è stata più recentemente oggetto di un processo di revisione storica che lo ha fatto diventare il centro di numerose critiche e disconoscimenti. In particolare, il comune di Pontelandolfo in provincia di Benevento, è stato riconosciuto come "luogo della memoria" per il massacro perpetrato ai danni di cittadini inermi, tanto che l'ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato ha chiesto ufficialmente scusa alla "città martire" nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'unificazione italiana. Alle scuse di Amato sono seguite anche quelle di Graziano Delrio, nel 2011 sindaco di Reggio Emilia.

Fabio Casalini Bibliografia Giuseppe Monsagrati, CIALDINI, Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981 Roberto Vaccari, Enrico Cialdini - Il generale di ferro, Modena 2017 La sfida della fede. Fuori e dentro la Chiesa: la cronaca in una prospettiva cristiana, Paoline, Milano 1993

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