Spillover.

Il primo a utilizzare la matematica per studiare la dinamica delle epidemie fu Daniel Bernoulli, nato in Olanda e appartenente a una delle più celebri famiglie di matematici della storia. Ciò avveniva nel Settecento, ben prima che le teorie microbiche delle malattie fossero comunemente accettate. Nel 1760, mentre insegnava all’Università di Basilea, Bernoulli fece uno studio sul vaiolo, calcolando costi e benefici di una vaccinazione universale contro tale malattia. La sua carriera fu lunga e improntata a eclettismo, comprendendo lavori matematici su una vasta gamma di argomenti di fisica, astronomia ed economia politica – dal moto dei fluidi e dalla teoria delle oscillazioni al calcolo del rischio nelle assicurazioni. Lo studio sul vaiolo sembra quasi anomalo nel panorama degli interessi di Bernoulli; d’altra parte anche in questo caso si tratta di calcoli del rischio. Bernoulli mostrò che inoculare a tutta la popolazione una piccola dose di materia infetta (allora non si sapeva cosa fosse un virus) comportava sia rischi sia benefici, ma che i benefici erano superiori ai pericoli. Tra i rischi c’era il fatto che l’introduzione artificiale di materiale infetto nell’organismo poteva portare, benché raramente, a sviluppare la malattia in forma mortale; ma più spesso il risultato era l’immunità permanente. Un grande vantaggio per l’individuo ottenuto con una singola operazione. Per valutare i benefici per la popolazione di un’azione collettiva, Bernoulli si chiese quante vite si sarebbero salvate ogni anno se il vaiolo fosse stato completamente debellato. Le sue equazioni rivelarono che con la vaccinazione di massa la durata della vita sarebbe aumentata mediamente di tre anni e due mesi.

Alla fine del diciottesimo secolo la speranza di vita alla nascita non era alta, e quei tre anni e due mesi rappresentavano un incremento ragguardevole. Ma poiché il vaiolo si prende o non si prende e non si può parlare di un beneficio «medio» reale per l’intera popolazione, Bernoulli espresse i suoi risultati anche in una forma più cruda e concreta. Presa una coorte di 1300 neonati, le tabelle statistiche dell’epoca sulle cause di morte consentivano di prevedere che in assenza di vaiolo 644 di loro sarebbero vissuti almeno fino a venticinque anni; questo dato si riduceva a 565 in presenza di vaiolo endemico. Ufficiali sanitari e semplici cittadini potevano pensare di essere tra i 79 salvati e dunque apprezzare la forza di quel ragionamento numerico.

L’applicazione di metodi matematici allo studio delle malattie fatta in quel lavoro era innovativa, ma non ebbe effetti immediati. Si dovette aspettare quasi un secolo per vederli nuovamente all’opera con successo in campo sanitario; fu nel 1854, a Londra, quando il medico John Snow utilizzò tabelle statistiche e una mappa della città per individuare le fonti d’acqua contaminata (tra cui la tristemente famosa pompa di Broad Street) responsabili della maggior parte dei casi di colera nell’epidemia di quell’anno. Snow, come Bernoulli, non aveva il vantaggio di sapere in anticipo che tipo di sostanza o di organismo (in questo caso il batterio Vibrio cholerae) causasse la malattia di cui cercava di capire le mosse per controllarla. I suoi risultati furono in ogni caso notevolissimi. 

David Quammen, Spillover. L’evoluzione delle pandemie, (Traduzione di Luigi Civalleri; collana La collana dei casi), Edizioni Adelphi, 2014. [Libro elettronico]

[Edizione originale: Spillover. Animal Infections and the Next Human Pandemic, W.W. Norton & Company, Inc., 2012]

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