Decidono sempre gli stessi

Decidono sempre gli stessi (e ci rimettono sempre i più deboli). Che senso ha?
di Gianluca Pinto

(...) sappiamo per esperienza che ogni qualvolta si è deciso di attuare cambiamenti in funzione dell’ambiente (che sono necessari, sia chiaro), questi cambiamenti, inspiegabilmente, sono finiti a gravare sempre sulle spalle della collettività portando disagio soprattutto alle fasce economicamente più esposte della popolazione. Un esempio: la raccolta differenziata è un segno di civiltà, e sin qui nessuno può negarlo. Un po’ meno civile, però, è scaricare sulla spalle dei cittadini il costoso lavoro della differenziazione, costringendo famiglie che vivono in case piccole a dedicare uno spazio alla quantità di contenitori e bidoncini per la differenziazione. Questo responsabilità anche economica dei cittadini sarebbe accettabile se la raccolta differenziata non fosse stata resa necessaria dal modello economico basato sulla ricerca del guadagno incessante degli attori di questo sistema e se lo stato di salute di uno stato non fosse dettato dal PIL che spinge tale modello economico. Se poi parliamo di dover cambiare automobili, classe energetica della casa, nuove forme di energia pulita, allora la questione di “Chi paga” è ancora più chiara, come chiarissimi i guadagni di chi nella svolta green vede il nuovo mercato pieno di opportunità e offre i suoi prodotti e/o servizi sempre a margine di profitti in continuità con la logica di cui sopra. Un’eccezione sulla ricaduta diretta dei costi l’abbiamo avuta in Italia con il Bonus 110% (ma sempre di casse dello stato si tratta) che mi ha fatto pensare che ci fosse un inizio di riflessione sul tema (ma ora le cose sono “leggermente diverse”). Tuttavia anche il superbonus è figlio della logica per cui nel libero mercato spinto tutto va bene, il profitto individuale può benissimo calpestare gli interessi collettivi, ma quando si tratta di dover porre rimedio ai danni delle imprese impegnate nella corsa al guadagno incessante, ci rimettono la collettività e gli stati. Si arriva, quindi, al secondo punto, ossia: il modello e i protagonisti della svolta green possono essere gli stessi che hanno portato il nostro pianeta alla devastazione e alle soglie del punto di non ritorno? Può essere sempre la logica del profitto con le caratteristiche di cui sopra a indirizzare tale svolta oppure bisogna riflettere seriamente su questo argomento in quanto bisogna risolvere delle contraddizioni che nessuno vuole affrontare? Infine e soprattutto, visto l’evidente conflitto di interessi macroscopico tra protagonisti del liberismo spinto e ambiente, e vista l’impossibilità di risolvere tale conflitto rimanendo nello stesso modello economico, “chi” deve proporre un cambiamento? Ancora una volta le parole di Chico Mendez appaiono più attuali e vere che mai: “L’ambientalismo senza lotta di classe si chiama giardinaggio”.


Commenti

Etichette

Mostra di più