Uscire dal gregge.

 Gli increduli appaiono avere meno pregiudizi razziali, sono meno rigidi, più tolleranti, più bendisposti nei confronti di chi non la pensa come loro, hanno più spirito critico e sono meno legati al concetto di gruppo o di patria, ma più consapevoli della propria responsabilità individuale. È più facile trovarli nel mondo intellettuale, accademico e scientifico; rispetto ai credenti, sono un po’ più rispettosi della legge e un po’ più pronti a denunciare eventuali ingiustizie, sono più presenti tra chi si oppone alla guerra e alla pena di morte. Non sembrano meno pronti dei credenti ad aiutare e sono fors'anche più onesti, per quanto su questi aspetti sia alquanto difficile arrivare a conclusioni definitive: i credenti, infatti, sembrerebbero tendere sistematicamente a rispondere con il dichiarare come vorrebbero comportarsi, piuttosto che dar conto di come si comportano veramente. Di sicuro l'atteggiamento morale dei credenti non sembra differire sensibilmente da quello dei non credenti, e “queste osservazioni suggeriscono che il sistema che genera inconsciamente i giudizi morali sia impermeabile alle dottrine religiose” [Hauser, 2007]. Nel guardare ai comportamenti pratici, il dilemma “vita buona o vita eterna?” sembra però essere progressivamente risolto a favore della prima: meglio un uovo oggi che una gallina domani, pare rispondere la maggioranza della popolazione. Sono molti gli Stati in cui è possibile riscontrare alti livelli di incredulità non imposta coercitivamente (“ateismo organico”): una caratteristica positivamente correlata con alti livelli di aspettativa di vita, salute, benessere, educazione, parità tra i sessi e libertà di espressione e di coscienza. Al contrario, gli Stati che si collocano ai livelli più bassi di sviluppo umano, con alti tassi di omicidi, povertà e mortalità infantile, sono tutti caratterizzati da una pratica religiosa assai elevata e dall'assenza di ateismo organico: solo le statistiche sui suicidi hanno una correlazione inversa. È interessante notare come la stessa tendenza si manifesti confrontando le fasce sociali (le più religiose sono quelle più vulnerabili), oppure le stesse nazioni più secolarizzate: gli Usa, più religiosi, presentano risultati peggiori. La stessa cosa accade confrontando tra loro i diversi stati Usa — ancora una volta, sono quelli più religiosi a offrire la peggior performance, “vantando” più alti livelli di furti, rapine, omicidi, aborti, mortalità infantile. Non si traggano conclusioni affrettate da queste analisi: non è l'incredulità che diffonde benessere, è piuttosto il benessere a diffondere l'incredulità. Al contrario, l'assenza di benessere, e in più in generale l'aumento della sensazione di insicurezza, rendono più religiose le società, il fenomeno sembra peraltro fortemente correlato anche a bassi livelli di pluralismo religioso e a un forte collegamento tra potere politico e potere religioso.

Raffaele Carcano, Adele Orioli, Uscire dal gregge. Storie di conversioni, battesimi, apostasie e sbattezzi, Roma, Luca Sossella Editore, 2008; pp. 252-53. (via gregor-samsung)


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