Pianeta terra

Piogge, nubifragi, venti e siccità: come la crisi climatica sta cambiando il Pianeta Ho cominciato a scrivere questo pezzo mentre Milano veniva frustata da un vento violentissimo, con raffiche che sfioravano quota 100 km/h. Quando sono uscito in strada, nel pomeriggio, dopo che la buriana si era placata, ho visto tegole sfracellate sull’asfalto, alberi abbattuti, ho scoperto che un asilo nido era stato evacuato a Segrate, che diverse persone erano rimaste ferite per strada, e che il vento aveva addirittura scoperchiato parte della Stazione Centrale. Lunedì 7 febbraio è stato rubricato da molti come un giorno eccezionale, uno di quelli a cui dedichiamo uno spazio nella memoria per raccontarlo negli anni a venire; ma con ogni probabilità, con il passare del tempo, venti come quelli di questa settimana saranno sempre meno rari. Una delle poche cose che sappiamo per certo, infatti, è che con la crisi climatica non cambieranno solo le temperature ma anche la frequenza e l’intensità dei fenomeni metereologici: già oggi, gli 1,2 gradi al di sopra dei livelli pre-industriali stanno causando più eventi estremi che in passato; e il trend è destinato a crescere. (…) Lo scorso ottobre, la provincia di Catania è stata flagellata da un nubifragio senza precedenti, che ha portato nel giro di 72 ore a riversarsi sulla città capoluogo quasi 270 millimetri di pioggia; praticamente un terzo di quella che di solito precipita nell’arco di un solo anno. Gli effetti sono stati devastanti: strade trasformate in fiumi, piazze allagate, alberi sradicati e auto trasportate dalla corrente. Solo pochi mesi prima, una devastazione simile si era osservata in Germania e in Belgio, quando alcune zone della Renania Settentrionale-Vestfalia erano state coperte da 148 litri di pioggia per metro quadro nel giro di 48 ore (solitamente si contano 80 litri in tutto il mese di luglio). Si è parlato di dissesto idrogeologico, ed è innegabile che a rendere devastanti questi fenomeni sia intervenuta l’imponente cementificazione che rende queste zone meno permeabili all’acqua, ciò non toglie che se questo dissesto esiste da decenni, alluvioni così diffuse e distruttive sono un fatto recente. (…) è abbastanza semplice: un aumento della temperatura media determina una maggiore evaporazione di acqua dagli oceani e dalla superficie terrestre, processo che a sua volta va ad aumentare la quantità e l’intensità delle piogge. Attenzione, però: questo non significa che semplicemente piove e pioverà sempre di più; poiché il cambiamento climatico incide anche sulle correnti a getto e su altri parametri climatici, è più probabile che le precipitazioni saranno sempre meno prevedibili, e i fenomeni intensi sempre più erratici. È quindi probabile che avremo piogge sempre più intense, circoscritte in periodi sempre più brevi. Non solo, dato che l’aumento di temperatura rende più facile la formazione di uragani, e consente all’aria di trattenere maggiore umidità (il 7% in più per ogni grado in più, circa), si pensa che il numero e la violenza degli uragani sia anch’esso destinato ad aumentare. (…) La situazione è particolarmente preoccupante nel Nord-Ovest del paese (dove la percentuale sale al 76%), e in Sardegna (al 72%). Meno piogge e nevi significa terreni più secchi, il che combinato ai venti porta ad aumentare il rischio di incendi. Non solo, meno precipitazioni significa meno neve in montagna e meno acqua nei laghi e nei fiumi: e infatti il Po è praticamente al livello che raggiunge in estate; in alcuni punti il livello è addirittura di 6 metri inferiore alla norma. Ora, viene spontaneo chiedersi: ma se temperature più alte portano a maggiori precipitazioni, cosa c’entra questo periodo di siccità con il cambiamento climatico? C’entra, perché come abbiamo detto con l’aumento delle temperature aumenta l’evaporazione, e non è detto che quell’acqua ritornerà da dove è arrivata; anzi, il più delle volte le precipitazioni tendono a concentrarsi nelle zone già tipicamente interessate dai temporali, andando ad aggravare la situazione in zone già siccitose. A questo si aggiunge il fatto che la scarsità di neve porta a una diminuzione del manto nevoso sulle montagne (una riserva idrica cruciale, per molti versi), e il fatto che il riscaldamento globale sta spostando le perturbazioni più vicino ai poli. La previsione è che nei prossimi anni gli eventi siccitosi saranno più intensi e frequenti, soprattutto nelle zone che già oggi lottano con la scarsità d’acqua. Lo scorso 3 febbraio un report pubblicato dalla European Environment Agency ha rivelato che negli ultimi 40 anni gli eventi meteorologici estremi di cui abbiamo discusso hanno causato 500 miliardi di euro di perdite e 140.000 decessi in tutta Europa; i paesi più colpiti sono la Francia, la Germania e l’Italia. I danni economici sarebbero in massima parte imputabili ad alluvioni e inondazioni, mentre le morti alle sempre più frequenti ondate di calore. (…) Insomma, il clima sta cambiando seguendo direzioni diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati, per adattarci a ciò non dobbiamo dunque soltanto prepararci a fronteggiare eventi più violenti e improvvisi, ma anche abbandonare l’idea normalità a cui ci siamo abituati. Oltre a velocizzare una transizione ecologica fondamentale se non vogliamo che questo trend diventi ingestibile. 

 di Fabio Deotto

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