Nel Giappone delle donne

[In Giappone] Cinquanta matrimoni su cento dunque ancor oggi sono combinati, e a giudicare dalle statistiche vanno meglio di quelli d’amore. Il che non potrebbe stupire: chi fin dal principio non nutre grandi aspettative sentimentali, non avrà grandi delusioni. I due giovani che si sposano in seguito a un omiai* non si conoscono ancora bene, ma appartengono alla stessa classe sociale, hanno vissuto in ambienti simili, condividono presumibilmente idee e abitudini, e nella misura in cui non domandano alla vita coniugale forti emozioni, non c’è motivo per cui non vadano d’accordo. Anche perché nei trent’anni seguenti non passeranno molto tempo insieme: nei giorni lavorativi si separeranno al mattino per ritrovarsi a tarda sera, solo nei fine-settimana e nei brevissimi periodi di ferie avranno qualche ora da dedicare alla vita di coppia e di famiglia. Questo fino a quando il marito andrà in pensione, ma nel frattempo avranno avuto modo di abituarsi l’uno all'altra. Tanto più che la donna giapponese tollera meglio di quanto farebbe un’occidentale i difetti di un uomo che ogni mese porti puntualmente a casa uno stipendio congruo. È una prospettiva un po’ squallida per una ragazza come Atsuko, romantica come una quindicenne, che forse non riesce a trovare una persona accettabile fra i tanti giovani che le vengono presentati perché non ha mai rinunciato al sogno di un matrimonio d’amore. Passano così, fra tergiversazioni e altri rifiuti, sei mesi. Atsuko ha resistito più di quanto si aspettasse lei stessa, ma la soglia dei ventisette anni, e con essa lo spettro dello zitellaggio, si avvicina. La pressione della famiglia diventa sempre più forte. Perché non si rende indipendente, le chiedo, perché non va a vivere da sola? Teme forse il brusco passaggio da una vita agiata a una condizione modesta? No, non è questo che fa paura ad Atsuko, bensì l’idea di scontentare i genitori e di mettersi in contrasto con loro. La ribellione alla famiglia non è nella sua mentalità, come non lo è in quella della maggior parte dei giovani in questa società ancor oggi fortemente confuciana: regolata cioè dal principio dell'obbedienza al padre e alla madre, agli anziani e alle persone gerarchicamente superiori. Inoltre Atsuko non tiene molto al suo lavoro, noioso e ripetitivo, e la prospettiva – l’unica realistica – di continuare a svolgerlo per decenni non le sorride affatto; d’altronde l’ha sempre considerato soltanto una tappa. E così decide di accettare la proposta di quel pretendente che non ha mai rinunciato del tutto a lei e continua a telefonarle a intervalli regolari. Il poveraccio dev’essersi innamorato sul serio, e non molla. Considerato che non le piace nessuno, tanto vale scegliere quest’uomo capace di passione, che per lo meno la amerà. 

 Incontri combinati a scopo matrimoniale. Antonietta Pastore, Nel Giappone delle donne, Giulio Einaudi, 2004. [Libro elettronico]

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