Schtroumpf und Drang

La lingua puffa sarebbe incomprensibile se fosse tutta scritta o tutta parlata, senza riferimento alle immagini. Limite del fumetto? Macché! Una lingua umana è parlata a fumetti. Infatti noi la parliamo nelle circostanze concrete di emissione o di enunciazione. In verità la nostra lingua umana puffa sempre. Noi diciamo “questo” e “quello” e sarebbero espressioni incomprensibili se, nel contesto parlato, o nella circostanza esterna (rinvio alla percezione, a quanto si vede, si tocca o si è visto e toccato prima - o annusato) noi non vedessimo “a fumetti” quello di cui si parla.
(Buona indicazione per i pedagogisti: il fumetto rappresenta una situazione comunicativa molto più affine a quella normale di quanto non riesca a fare un libro tutto scritto: la vita è a fumetti - e anche la semiotica: ogni segno è interpretato da altri segni, e non tutti appartengono allo stesso sistema, il visivo si incrocia con l'auditivo, gli oggetti interagiscono con le parole e se io dico “dammene una” indicando un pacchetto di sigarette, in effetti dico “puffami una puffa”, solo che non me ne rendo conto.) La lingua puffa è parassitaria rispetto all'italiano (o al francese, o ad altra lingua-base: infatti, e ciò è importante, si può parlare puffo in qualsiasi lingua): dell'italiano assume la maggior parte del lessico e tutta la sintassi. Vi aggiunge una sorta di sotto-lessico molto ristretto, composto della parola “puffo” e delle sue coniugazioni e declinazioni (più tecnicamente: il lessico è composto di un lessema, “puff”, a cui vengono legati vari monemi, anche questi presi a prestito dalla lingua base).
Ma questo sottolessico, come si è visto, è talmente economico che il suo dizionario si riduce a una sola definizione: “per puffo si intende un puffo che puffa puffamente”. Purtuttavia i puffi sono capaci di associare il loro lessema tuttofare a contenuti diversi e a concrete situazioni di riferimento: ma la regola di questa associazione non è stabilita dal lessico, bensì dal contesto, e quindi il vero significato del termine è il suo uso. I puffi conoscono Wittgenstein, oppure Wittgenstein conosceva i puffi (mi riferisco non tanto al “Puffus logico-puffus” quanto alle “Ricerche puffe”).
Da un altro punto di vista (un altro?), i puffi sono fedeli alle ricerche di linguistica testuale e di pragmatica del discorso, per cui ogni testo è una macchina pigra che richiede una attiva cooperazione interpretativa da parte del suo destinatario, chiamato a connettere le porzioni testuali ad altri testi precedenti e presupposti. 

Umberto Eco, Schtroumpf und Drang, «Alfabeta», n. 5. settembre 1979; poi raccolto in Sette anni di desiderio. 

Cronache 1977-1983, Milano, Bompiani, 1983.

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