Un tempo senza storia
Forse siamo prigionieri del passato e questo ci impedisce di sciogliere i nodi della vita reale. È un conflitto che fu emblematicamente descritto da Friedrich Nietzsche nella seconda delle sue Considerazioni inattuali, quella Sull'utilità e il danno della storia per la vita. Nietzsche propose allora un elogio della smemoratezza. «Immaginate – scrisse – l’esempio estremo, un uomo che non possedesse punto la forza di dimenticare […] un uomo simile […] quasi non oserebbe piú alzare il dito. Per ogni agire ci vuole oblio: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non soltanto luce ma anche oscurità». Jorge Luis Borges ha dato consistenza fantastica al profilo ipotetico del titolare di una memoria totale e incancellabile, quella del suo «memorioso». Piú vicina alla nostra realtà è la memoria artificiale capace di immagazzinare in piccolissimo spazio una quantità illimitata di dati e di testi. Ma se ci accostiamo alle istituzioni deputate da secoli a conservare dati in prevalenza cartacei quali sono gli archivi inventati dai poteri politici e amministrativi, ne scopriamo un aspetto interessante, quello della selezione in ingresso del materiale da accogliere e della periodica revisione in uscita di quello da conservare. L’operazione è necessaria per arginare l’effetto distruttivo dell'afflusso massiccio e continuo di documenti. Perciò si ricorre periodicamente all'operazione dello scarto. Si tratta di una selezione regolata da norme e affidata in sostanza al criterio della utilità ipotizzabile dei documenti per l’amministrazione pubblica ma anche per la ricerca storica. È un criterio che lascia margini inevitabili all'arbitrio. È difficile prevedere i mutamenti futuri sia nelle esigenze conoscitive dell'amministrazione pubblica sia nelle curiosità degli studiosi. Per fare un esempio dei problemi che si presentano in questo campo, si è imposta in tempi recenti la cancellazione dei cosiddetti dati sensibili. E cosí si perde la possibilità di risalire ai nomi personali, impedendo agli storici futuri la possibilità di sfruttare appieno la straordinaria ricchezza dei dati anagrafici, per i quali gli archivi italiani vantavano il maggiore e piú antico patrimonio esistente. Cosí vediamo come nella realtà accanto a quella del ricordare ci sia un’altra funzione comune alla memoria e alla storia: quella del dimenticare. Come nella selezione dei dati da conservare cosí anche nel lavoro dello storico ha sempre avuto gran parte l’individuazione di ciò che si deve raccontare. Da questo punto di vista la storia si può definire una macchina per dimenticare. Lo strato del ricordato e del ricostruito vi galleggia come una sottile zattera sull'oceano del dimenticato. La si potrebbe considerare l’equivalente dello strato del rimosso che nella memoria individuale nasconde una gran quantità di ricordi. Ora, è pur vero che quello che si riesce a riscattare dal passato ne è una parte minima. Ma è di questi affioramenti che si sostanzia da un lato la memoria come facoltà umana e dall'altro la storia come deliberata immersione nelle profondità del dimenticato.
Adriano Prosperi, Un tempo senza storia. La distruzione del passato, Giulio Einaudi editore (collana Vele); prima edizione: 19 gennaio 2021. [Libro elettronico]
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