Come un romanzo

Siamo circondati da un gran numero di persone assolutamente rispettabili, a volte laureate, talora “eminenti” - alcune proprietarie di bellissime biblioteche - che non leggono, o leggono talmente poco che mai ci verrebbe in mente di regalare loro un libro. Non leggono. O non ne provano il bisogno, o hanno troppo da fare (ma il risultato è lo stesso: queste cose da fare li appagano o li obnubilano), oppure coltivano un'altra passione e la vivono in modo assolutamente esclusivo. In poche parole, queste persone non amano leggere. Questo non vuol dire che non siano frequentabili, o addirittura piacevolissime da frequentare. (Almeno non ci chiedono a ogni piè sospinto il nostro parere sull'ultimo libro che abbiamo letto, ci risparmiano le loro riserve ironiche sul nostro romanziere preferito e non ci considerano degli idioti se non abbiamo divorato l'ultimo Tale, appena pubblicato da Tizio e di cui il critico Caio ha detto un gran bene.) Sono “umani” almeno quanto noi, sicuramente sensibili alle disgrazie del mondo, attenti ai “diritti dell'Uomo” e impegnati a rispettarli nella loro sfera di influenza personale, il che è già tanto… Ma, ecco, non leggono. Liberissimi di non farlo. L'idea che la lettura “umanizzi l'uomo” è giusta in linea generale, ma ammette alcune tristi eccezioni. Dopo aver letto Cechov si è probabilmente un po’ più “umani” intendendo con questo un po’ più solidali con la specie (un po’ meno “belve” ) di quanto non lo si fosse prima. Ma guardiamoci dall'associare a questo teorema il corollario secondo il quale ogni individuo che non legge dovrebbe essere considerato a priori come un potenziale bruto o un cretino assoluto. Poiché, così facendo, faremmo passare la lettura per un obbligo morale e questo sarebbe solo l'inizio di una spirale che porterebbe poi a giudicare, per esempio, la “moralità” dei libri, in funzione di criteri che non avrebbero alcun rispetto per l'altra libertà inalienabile: la libertà di creare. A quel punto il “bruto” saremmo noi, per quanto “lettori” . E Dio sa se il mondo non è pieno di bruti di questa specie. In altri termini la libertà di scrivere non può ammettere il dovere di leggere. Il dovere stesso di educare consiste in fondo, insegnando a leggere ai bambini, iniziandoli alla Letteratura, nel fornire loro gli strumenti per giudicare liberamente se provano o meno il “bisogno di libri” . Perché, se possiamo tranquillamente ammettere che un singolo individuo rifiuti la lettura, è intollerabile che egli sia - o si ritenga - rifiutato da essa. E una tristezza immensa, una solitudine nella solitudine essere escluso dai libri. Anche da quelli di cui si può fare a meno. 

 Daniel Pennac, Come un romanzo, traduzione di Yasmina Mélaouah, Feltrinelli (collana Idee), 1998²⁶; pp. 119-120. (Corsivi dell’autore) [1ª edizione originale: Comme un roman, éditions Gallimard, 1992]

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