EYELESS IN GAZA

Mr. Huxley è l’ultima (e una delle più inaspettate) reclute della letteratura d’amore. È tanto sorprendente quanto incoraggiante incrociare questo puritano altamente intellettualizzato, il cui orrore swiftiano per il sesso non è mai del tutto celato sotto la leggerezza della sua satira, che sembrava ormai giunto – insieme al suo Brave New World – in un vicolo cieco, come nel fondo di una provetta, mentre lasciava affermare al suo più ammirevole personaggio: “Non si può essere razionali con gli esseri umani se prima non si è sentimentali nei loro confronti. Sentimentali nell’accezione buona del termine, ovviamente. Nel senso di prendersi cura di loro. È la prima condizione indispensabile per comprenderli”. Eyeless in Gaza ci offre la rappresentazione del maggiore demistificatore della sua epoca, che fa di tutto per autodistruggersi. L’eroe di Huxley, Anthony Beavis, è un uomo di mezza età che scopre quanto la libertà duramente conquistata – liberandosi da preoccupazioni finanziarie, legami familiari, illusioni comuni e relazioni personali – altro non sia che un’opera di viltà morale, pusillanimità e raffinata PAN è su www.pangea.news spregiudicatezza. Egli ha consapevolmente ricusato il mondo, e così facendo ha perduto la propria anima. Anthony è un socialite che dimora in quel fastidioso sottobosco della società immortalato da Huxley in Barren Leaves, ecc. – una società che non è mai stata così arguta come Mr. Huxley la dipinge, tranne quando prova a contraffare la sua stessa arguzia. Seguiamo Anthony in quattro momenti di crisi della sua esistenza. Nelle prime due tradisce gli amici e nella terza rifiuta i sentimenti della sua amante – tutto nell’interesse della libertà personale: lo lasciamo quindi convertito a un pacifismo da Sermone-sul-Monte e ad un’autodisciplina che profuma troppo di yoga per i miei gusti. Come moralista, Huxley è ormai uscito allo scoperto e, a dispetto di tutti i fobici della propaganda, non credo che ciò possa nuocere al suo lavoro. Che abbia scritto un romanzo di successo è un’altra storia. È sempre stato un tipo diffuso. Per dirla con le sue stesse parole: “Considero la disciplina classica… essenzialmente come una fuga dalla peggiore difficoltà, quella di rendere adeguatamente, in termini letterari, quell’entità infinitamente complessa e misteriosa che è la realtà effettiva”. Qualsiasi opera seria di narrativa dev’essere giudicata nei suoi stessi termini, non in base all’idea preconcetta del critico su cosa dovrebbe essere un’opera di finzione. La prova finale di un romanziere non è ciò che egli rifiuta ma se nutre adeguatamente le proprie concezioni e se possiede abbastanza margine per andare avanti. Test che Mr. Huxley supera a pieni voti. D’altro canto, è stato negativamente criticato per la sua incapacità di creare personaggi “rotondi”. Eyeless in Gaza presta certamente il fianco a tale critica: quasi tutti i personaggi sono “piatti”; ne sappiamo tanto dopo il primo incontro quanto dopo cinquecento pagine. Ma anche in tal caso dovremmo tenere conto delle parole di Huxley medesimo: “Solo gli stupidi e gli insensibili, al giorno d’oggi, hanno personalità forti e ben definite”. 

Cecil Day Lewis 

Il testo è tratto da “The London Mercury”, luglio 1936 (Vol. XXXIV n. 201). Traduzione di Fabrizia Sabbatini

DI ALDOUS HUXLEY (CHATTO & WINDUS, 10S)

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