Lapsus

Da un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l'apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia. Se un bambino scrive nel suo quaderno «l'ago di Garda», ho la scelta tra correggere l'errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l'ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d'Italia. La Luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?… Un magnifico esempio di errore creativo è quello che si trova, secondo il Thompson (“Le fiabe nella tradizione popolare”, Il Saggiatore, Milano 1967, pag. 186), nella “Cenerentola” di Charles Perrault: la scarpina della quale, in origine, sarebbe dovuta essere di «vaire» (una sorta di pelliccia); e solo per una fortunata disgrazia diventò di «verre», cioè di vetro. Una scarpina di vetro è sicuramente più fantastica di una qualunque pantofoletta di pelo, e più ricca di seduzioni, anche se figlia del calembour o dell'errore di trascrizione. L'errore ortografico, se ben considerato, può dar luogo a ogni sorta di storie comiche ed istruttive, non prive di risvolto ideologico, come io stesso ho cercato di dimostrare nel mio “Libro degli errori”. «Itaglia», con la g, non è solo una licenza scolastica. C'è davvero gente che grida, anzi, scandisce: «I-ta-glia», «I-ta-glia», con una brutta g in più, cioè con un eccesso nazionalistico e un tantino fascistico dentro. L'Italia non ha bisogno di una g in più, ma di gente onesta e pulita. E semmai di intelligenti rivoluzionari. Se da tutte le parole del dizionario italiano scompare l'acca, che i bambini scrivendo dimenticano tanto spesso, possono verificarsi interessanti situazioni surrealistiche: i «cherubini», decaduti a semplici «cerubini», precipitano dal cielo; il capostazione di Chiusi-Chianciano», degradato a dirigente di «Ciusi-Cianciano», si sente menomato e dà le dimissioni. O ricorre ai sindacati. Molti dei cosiddetti «errori» dei bambini, poi, sono altra cosa: sono creazioni autonome, di cui si servono per assimilare una realtà sconosciuta. «Pasticca», «pasticchina», possono suonare a un orecchio infantile parole senza senso. Egli non si fida di loro e, assimilando l'oggetto all'azione che comporta, usa la parola «mastichina». Tutti i bambini hanno di queste invenzioni. 

Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie; 1ª ed. originale Einaudi (collana Piccola Biblioteca Einaudi n. 221), 1973.


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