Opera senza nome

...Svegliarsi, in un mattino scialbo o radioso, e sapere che non si ha alcuna incombenza, verso nessu-no. Farsi un caffè, guardare fuori dalla finestra. Sentimento di una durata informe, impregiudicata. Indifferenza. Per giungere a questo, vari millenni erano passati. Ma nulla ne rimaneva, se non una cortina opaca, su ogni lato. Nessuno celebrò il fatto come una conquista. Era la normalità, finalmente raggiunta. Uno stato privo di carattere, precedente ai desideri. Una sorda base dell'esistenza. Non sarebbe mancato il tempo perché si formassero i capricci, i piani, le misure per la sopravvivenza. E questo era il punto decisivo: il tempo non era già occupato, scandito, ferito da gesti obbligatori, in mancanza dei quali si temeva che tutto potesse disfarsi. Questo avrebbe potuto produrre una sensazione esaltante. Così non fu. Anzi, la prima sensazione fu quella di un vuoto...

(“L’innominabile attuale” citato da Roberto Calasso a proposito di “Brahmana” in “Opera senza nome” - Adelphi)


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