Vecchia profezia sulla società di massa

Si chiami pure «civilizzazione» o «umanizzazione» o «progresso» ciò in cui oggi si cerca il tratto distintivo degli Europei; o lo si chiami semplicemente, senza lode e senza biasimo, con una formula politica, il movimento “democratico” d’Europa; dietro a tutti i primi piani morali e politici, cui si rimanda con tali formule, si svolge un immenso “processo fisiologico” che va divenendo sempre più fluido, un processo di omogeneizzazione degli Europei, un loro crescente distacco dalle condizioni alle quali devono la loro origine razze vincolate dal punto di vista del clima e delle classi, una loro progressiva indipendenza da ogni “milieu determinato”, che tenderebbe nel corso dei secoli a imprimersi con esigenze eguali nel corpo e nell’anima – la lenta ascesa, quindi, di un tipo umano essenzialmente sovranazionale e nomade, il quale, per esprimerci in termini fisiologici, possiede come sua esemplare caratteristica un “maximum” nell’arte e nella capacità d’adattamento. Questo processo dell’europeo “in divenire”, processo che può essere rallentato nel suo «tempo» da grandi ricorsi, ma che forse proprio per questo guadagna terreno e progredisce in veemenza e in profondità – rientra in esso lo “Sturm und Drang”, ancor oggi imperversante, del «sentimento nazionale», al pari dell’anarchismo che sta appunto prendendo piede –: questo processo perverrà probabilmente a risultati sui quali vorrebbero contare il meno possibile i suoi ingenui promotori e laudatori, gli apostoli delle «idee moderne». Le stesse nuove condizioni, sotto le quali si verrà a formare un livellamento medio e un mediocrizzarsi dell’uomo – un uomo che è un utile, laborioso, variamente usabile e industre animale da branco, – sono idonee in sommo grado a ingenerare uomini d’eccezione, della più pericolosa e ammaliante qualità. Mentre, cioè, quella capacità di adattamento, che sperimenta condizioni continuamente avvicendantisi e intraprende con ogni generazione, quasi a ogni decennio, una nuova opera, rende del tutto impossibile la “potenza” del tipo; mentre l’impressione complessiva, suscitata da tali Europei dell’avvenire, sarà verosimilmente quella di lavoratori di vario genere, loquaci, abulici e atti a qualsiasi impiego, “bisognosi” del padrone, di uno che comandi, come del pane quotidiano; mentre dunque la democratizzazione dell’Europa tende alla generazione di un tipo predisposto alla “schiavitù” nel senso più sottile: in certi casi isolati ed eccezionali l’uomo “forte” dovrà risultare più forte e più ricco di quanto forse lo sia mai stato sino a oggi – grazie alla sua istruzione scevra di pregiudizi, grazie all’immensa versatilità dei suoi accorgimenti, della sua arte e delle sue maschere. Volevo dire che la democratizzazione dell’Europa è al tempo stesso un’involontaria organizzazione per l’allevamento di “tiranni” intendendo questa parola in ogni senso, anche in quello più spirituale.

Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male - Adelphi 1977, aforisma n. 242

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