Festeggio l’unità dell’Italia

Fino a non molti anni fa provavo allergia verso le parole «patria» e «tricolore», e so perché: così come Berlusconi ha recentemente sequestrato le parole «libertà» o il grido d’incitamento sportivo «forza Italia» fino a farne contenitori vuoti e inutilizzabili, così nella mia gioventù le parole «patria» e «tricolore» erano state fatte prigioniere dai fascisti, che le associavano alla loro visione militaresca, trombona e manesca della politica: «Fiamma tricolore» «Dio, Patria e Famiglia» ed altre sinistre associazioni. E per il solo sospetto d’essere assimigliato a costoro, mi guardavo bene dall’usarle. Naturalmente il tricolore e la patria appartenevano anche agli eroi risorgimentali che lottarono per cacciare gli austriaci o ai partigiani che lottarono per cacciare i nazifascisti. Lo sapevo bene, ma intanto, non ce la facevo lo stesso: un po’ come oggi repelle, ad una persona sensata, gridare «Forza Italia» allo stadio, ben sapendo che è anche il nome d’un partito.

Da un po’ di anni però le cose sono cambiate. I fascisti ci sono sempre, per carità, e sono oltretutto al governo, ma nel frattempo si è affermata un’altra forza politica, non meno repellente, che ha fatto del particolarismo e dell’egoismo la sua ragion d’essere. Questa forza, oggi molto potente e ugualmente al governo, ha iniziato a denigrare sistematicamente i simboli della Repubblica e la stessa unità nazionale, in nome di una etnia mai esistita, della difesa di piccoli interessi di campanile e di grossi interessi economici. Il capo di questa mandria di barbari dichiarò a più riprese di volersi pulire il culo con il Tricolore, mentre non passa giorno che uno dei suoi capi tribù non inveisca contro l’unità nazionale e contro le stesse basi di convivenza civile che uniscono i pur differenti abitanti dell’Italia.

Se l’Italia non fosse unita, se la Toscana avesse un suo granducato, se il prospero nord potesse non pagare più le tasse europee e far quattrini sotto il satrapo Tremonti, se il sud fosse abbandonato in mano alle mafie, saremmo solo delle miserabili e sottomesse isolette in un mare dominato da colossi come la Cina, gli USA o l’India. Parliamo pragmaticamente, più che sentimentalmente: non potendoci mai permettere il lusso di essere Lichtenstein, conviene essere almeno Italia. Poi invece, se dobbiamo far parlare anche il sentimento, ci sono le migliaia di persone morte per il nobile sentimento dell’unità e per l’altrettanto nobile sentimento dell’indipendenza da potenze straniere.

Ed io, di fronte a quest’orda di barbari ed al loro miserabile disegno, festeggio l’unità dell’Italia. E, dopo molti anni, mi felicito di veder appeso il suo simbolo alle finestre, divenuto ormai, come l’aglio per i vampiri, segno di repulsa verso i barbari che ci assediano.

Federico Maria Sardelli, su Facebook

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