Sorprese...

I miei passi risuonano in modo sinistro nel silenzio della stradina, rimbombando leggermente fra le pareti delle case ottocentesche che cingono lo spazio attorno a me. Sono a pochi metri dal centro della città, le nove di sera, la zona è comprensibilmente deserta. La gente che si rispetta è a cena, quello che doveva fare lo ha già fatto. La scarsa illuminazione di questa vecchia via stride un po’ con i fasti delle luci natalizie del centro. Complice la nebbia, la fioca luce dei lampioni lascia appena distinguere il selciato antico, consumato da mille passaggi di gente e mezzi. Ogni tanto sento un vociare che proviene da qualche finestra, persone in festa che ciarlano ad alta voce, rumori e suoni in totale contrasto col mio stato d’animo. Il clima umido di stasera non mi aiuta a sorridere ma mi accompagna, silente, mentre cammino lento e mi fumo l’ennesima sigaretta, assorto in pensieri che il freddo sembra voler congelare man mano che escono. Mi pongo domande alle quali la vita non ha mai fornito una risposta valida, o forse sono io che le domande non le so fare. Ascolto lo schiocco secco dei sassolini sotto le mie suole mentre mi avvicino al luogo dove nessuno mi sta aspettando, da dove son scappato tanti anni fa e dove, per un milione di motivi, non ho voluto tornare più. Nella vita si cambia, dicono, io non sono cambiato, ma stasera ho deciso di intraprendere questo percorso, una volta per tutte.
Arrivo sulla soglia di una piccola porta che dà direttamente sulla strada, intravedo una luce filtrare dal battente mal squadrato. Busso. Mi apre un signore anziano, con gli occhi scavati e la barba di qualche giorno. Nel suo viso riconosco dei tratti familiari che credevo di aver dimenticato.
- Sì?
- Ciao, se ti disturbo vado via.
- Carlo?? - Sono io, papà.
Lo so, son passati venti anni e non so nemmeno… Mi interrompe volandomi al collo, abbracciandomi forte. Scoppia a piangere, sento i singhiozzi vibrare dal suo torace stretto contro al mio. Poi si ritrae, mi guarda con gli occhi ancora luccicanti, di un dolore che per troppo tempo si è tenuto dentro, e mi dice “Vieni dentro che fa freddo.
Sai? Non sei mai stato bravo a fare le sorprese, nemmeno a Natale”.

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